Rave Party Italia

A riprova del fatto che questo è un paese nel pieno di un rave party della logica, oltre che della coscienza civile delle sue élites, pare che gli ispettori inviati dal ministro della Giustizia Angelino Alfano potrebbero non essere in grado di appurare se il premier Silvio Berlusconi risulti o meno iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Trani. Tutto dipende dalla “disponibilità” dei magistrati della procura pugliese a fornire chiarimenti in proposito oppure, come è loro facoltà, di opporre il segreto investigativo agli ispettori ministeriali.

Segreto che – come già anticipato dal procuratore capo, Carlo Maria Capristo – sicuramente sarà fatto valere per quanto riguarda i documenti dell’inchiesta (tra cui le intercettazioni tra Giancarlo Innocenzi, componente dell’Agcom, e il premier e quelle tra Berlusconi e il direttore del Tg1 Augusto Minzolini), ma che potrebbe riguardare anche le iscrizioni nel registro degli indagati. Secondo quanto previsto dall’art.335, comma 3 bis, del codice di procedura penale, infatti, qualora esistano “specifiche esigenze attinenti all’attività di indagine”, il pm può anche disporre “con decreto motivato” il segreto sulle iscrizioni per un periodo non superiore a tre mesi. Dunque, agli avvocati di Berlusconi che oggi hanno fatto richiesta di sapere se il premier sia indagato o meno, la procura di Trani può in teoria opporre un laconico “nulla da comunicare”, e analoga risposta potrebbe essere riservata anche agli ispettori di Alfano. Ovviamente ciò varrebbe “solo” per 90 giorni, superati i quali i pm di Trani sono comunque tenuti a dare notizia agli interessati o agli ispettori ministeriali sulle iscrizioni nel registro degli indagati.

Agli ispettori di Alfano, in ogni caso, il procuratore capo Capristo, il pm Michele Ruggiero e gli altri magistrati che saranno ascoltati (tra cui probabilmente anche il procuratore generale di Bari) non potranno negare alcune notizie: il numero del fascicolo dell’inchiesta, quando sono iniziate le indagini e sulla base di cosa, se vi sia un collegamento con altre procure, quando sono state disposte le intercettazioni. Il tutto per appurare, come chiesto dal ministro Alfano, se vi sia un problema di competenza territoriale, per cui l’inchiesta spetterebbe alla procura Roma e non a Trani; se si è abusato di intercettazioni ”a strascico”; se vi sia una ‘talpa’ a Trani che ha fatto avere le notizie dell’inchiesta alla stampa.

Se questo fosse un paese mentalmente sano, nella fattispecie un paese che non consentisse a titolari di concessioni pubbliche radiotelevisive di diventare premier (per l’irriducibile conflitto d’interessi che ciò genera), si sarebbe da tempo messo mano ad una riforma della giustizia finalizzata tra le altre cose ad aumentare le garanzie a favore dei cittadini contenute nel codice di procedura penale, ad esempio riducendo significativamente l’osceno termine di 90 giorni a tutela di una “segretezza investigativa” che appare già ampiamente tutelata nella fase di avvio delle indagini, che ha estensione teoricamente limitata solo da fughe di notizie, più o meno accidentali. Allo stesso modo in cui, se questo fosse un paese mentalmente sano, e non un paese da sempre ammalato di schedature, si sarebbe trovato il modo di impedire questa demenziale proprietà transitiva delle intercettazioni, dove si dimostra che i “gradi di separazione” possono essere assai meno di sei.

E ancora, se questo continuasse ad essere un paese mentalmente sano, si sarebbe dovuto procedere ad una riforma di ruolo e funzioni del Csm, ad evitare il permanente cortocircuito corporativo in cui opera il cosiddetto “organo di autogoverno” dei giudici, definizione che già di per sé configura un eclatante conflitto d’interessi. Il problema italiano è il “disegno dei meccanismi” delle regole del gioco, che oggi pare realizzato più da un demone ubriaco che da una comunità umana che punta a controllare i controllori, l’essenza del liberalismo. Invece, ci troviamo con una produzione legislativa degli ultimi sedici anni fatta di tentativi di scardinamento anche di quei pochi ed ultimi pesi e contrappesi di cui l’infrastruttura legale ed istituzionale del paese disponeva.

E’ il sistema ad essere minato dalle fondamenta, e non da oggi: un sistema che si è autointossicato producendo una leadership come quella di Berlusconi, che ne appare l’inesorabile nemesi. Anche per questo è disperante vedere le due piazze contrapposte: il prodotto di una follia apparentemente senza via di uscita, mentre il paese affonda inesorabilmente nel suo immobilismo oligarchico. Quello stesso che le due tribù conniventi, che da sedici anni si affrontano in un osceno wrestling, stanno proteggendo.

Update: per carità di patria, i giudici di Trani non si sono avvalsi dell’articolo 335 c.p.p.

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