Vacanze austriache per Keynes

Di fronte alla persistente assenza di iperinflazione (o anche solo di inflazione, a dirla tutta), Stefan Karlsson, economista svedese di scuola Austriaca, giunge ad una puntualizzazione assai preziosa per tutti quelli che proprio non riescono a capire la differenza tra base monetaria ed offerta di moneta, come abbiamo potuto sperimentare tempo addietro davanti alle sdegnate email dei fedeli austriacanti che vedono inflazione dietro ogni angolo di strada.

Scrive dunque Karlsson:

«L’analisi monetaria Austriaca non solo non dice ma, per quanto ne so io, non ha mai detto che aumenti nella base monetaria creano direttamente inflazione da prezzi. E’ solo indirettamente, nella misura in cui essa [la base monetaria, ndPh.] aumenta l’offerta di moneta, che ciò avrà un qualche effetto. E mentre l’offerta di moneta è aumentata negli ultimi anni, l’aumento è stato molto inferiore a quello della base monetaria»

Incredibile, non trovate? Un Austriaco che conosce la distinzione tra base monetaria ed offerta di moneta. Ma non finisce qui: un Austriaco pienamente consapevole del fatto che il prezzo di un bene, di qualsiasi bene, si forma all’intersezione tra domanda ed offerta:

«E anche se alcuni Austriaci talvolta si esprimono come se una maggiore offerta di moneta determinerà necessariamente l’aumento dei prezzi, ciò non è necessariamente vero, se anche la domanda di moneta si innalza»

Aspetta un attimo: “aumento della domanda di moneta”, hai detto? Ma la domanda di moneta non si innalza in modo massimo, giungendo all’accaparramento (hoarding) durante le situazioni di trappola della liquidità, uno dei capisaldi del keynesismo? No, è impossibile che un Austriaco usi un concetto keynesiano per puntellare una propria dissonanza cognitiva. O no?

Quindi, cari amici Austriaci, abbiamo scherzato: la base monetaria non si è (ancora) trasformata in aumento dell’offerta di moneta, visto che il moltiplicatore della medesima è crollato. Quindi smettete di leggere l’aumento delle dimensioni del bilancio delle banche centrali come presagio funesto della Weimar prossima ventura, e concentratevi sull’aumento dell’offerta di moneta, nelle sue varie aggregazioni. Ma sull’aumento espresso in termini reali, cioè al netto dell’inflazione, mi raccomando. Perché l’illusione monetaria è una gran brutta malattia. Ma soprattutto cercate di studiare di più: avevate il Giappone come benchmark, e lo avete bellamente ignorato. Ora avete di fronte tutto il mondo occidentale, nelle stesse condizioni da sboom di credito e deleveraging: non fatevi scappare anche questa occasione.

Chiusa di Karlsson:

«Quindi, la mancanza di iperinflazione non confuta in alcun modo la teoria Austriaca»

Sarà. Ma allora chissà cosa, tra le evidenze empiriche di questa crisi, è concordante con essa.

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