Cosa attende il Fiscal Compact

Si è più volte detto del rifiuto del governo spagnolo a perseguire un rapporto deficit-Pil per il 2012 pari al 4,4 per cento, dopo aver chiuso il 2011 con un disastroso 8,5 per cento. Quello che non si è dettagliato, tuttavia, è che la decisione di Rajoy prende le mosse dalla considerazione del concetto di deficit strutturale e non assoluto, cioè rettificato per la fase del ciclo economico in cui ci troviamo. Iniziativa certamente intelligente, almeno se raffrontata agli standard di austera ottusità che sta soffocando l’Europa, ma che tuttavia porta anche con sé, come effetto collaterale, i semi della disapplicazione del neonato Fiscal compact.

In sostanza, Rajoy ha fatto presente che la Spagna intende rispettare la tabella di marcia di una riduzione del deficit strutturale di 1,5 punti percentuali l’anno, ma non intende farsi carico del deterioramento dei conti pubblici indotto dal peggioramento della congiuntura. Per bocca del ministro dell’Economia, Luis De Guindos, il governo di Madrid ha osservato che l’obiettivo di un deficit-Pil del 4,4 per cento quest’anno era stato concordato con Bruxelles sulla base di uno scenario di crescita, pur se moderata, del Pil, ed era la risultante di un deficit strutturale pari al 3,5 per cento di Pil più la componente ciclica stimata allo 0,9 per cento. Tuttavia, visto che l’economia spagnola quest’anno è attesa non crescere bensì contrarsi tra 1,5 e 2 punti percentuali, ecco che i modelli econometrici di Madrid aggiungono al deficit-Pil strutturale del 3,5 per cento (che il paese intende rispettare) una componente ciclica di ben il 2,3 per cento. Il totale fa esattamente il 5,8 per cento previsto da Rajoy.

Si tratta di un ragionamento ineccepibile: la Spagna intende rispettare il piano di rientro dal deficit (che quest’anno le imporrà, anche col nuovo target autoassegnato, una correzione di almeno 29 miliardi di euro), ma per la componente strutturale. In altri termini, Madrid chiede di non pagare per la parte di deficit causato dalla recessione. Alzi la mano chi ritiene irragionevoli tali argomentazioni. Astenersi tedeschi ed austerici.

Il problema, ora, è un altro: ammesso e non concesso di riuscire a far passare questo principio di purissimo buon senso (che i governi italiano e francese dovrebbero appoggiare in ogni sede, se volete sapere la nostra opinione), chi misurerà il deficit-Pil strutturale? I singoli governi? Eurostat? Schaeuble in persona? Questa è la debolezza metodologica del Fiscal compact: parte da premesse assai ragionevoli (deficit-Pil calcolato su base strutturale e non ciclica), ma necessita della specifica operativa per le misurazioni. Serve una metodologia condivisa, ed un’agenzia comune che effettui le verifiche. Solo in tal modo sarà possibile inserire un minimo di sanità mentale in un dibattito ed un processo che finora si sono distinti per campionario di psicopatologie.

Nel frattempo, plauso a Rajoy. Attendendo Sarkozy oppure Hollande, ammesso e non concesso che quest’ultimo smetta di baloccarsi con proclami di giacobinismo fiscale che tanto piacerebbero qui da noi.

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