Il commento definitivo alla “copertura” individuata dal governo per ottenere l’agognato rinvio di un ridicolo trimestre dell’aumento dell’aliquota ordinaria Iva è di Salvatore Padula, sul Sole. Ed è desolante, prima che condivisibile.
Dopo aver commentato, ironicamente, che con questa copertura siamo passati dalla tassazione sulle cose a quella sulle persone, invertendo il precetto che ci ronza in testa da lunghi anni, Padula commenta:
«Si dirà anche che si tratta “solo” di un’anticipazione, perché i maggiori versamenti ai quali saranno chiamati a novembre tutti i contribuenti che pagano l’acconto – dipendenti e pensionati con altri redditi, professionisti, autonomi, imprese grandi e piccole – verranno recuperati al momento di determinare il saldo con la dichiarazione dei redditi, nel giugno del 2014. Quindi, non una “nuova” tassa ma di certo una sorta di “prestito forzoso” – non proprio simpatico – al quale tutti i contribuenti saranno chiamati per consentire il rinvio di tre mesi dell’aumento dell’Iva. Un aspetto che, se vogliamo, rende la scelta del Governo ancor più difficile da capire. Non può, infatti, non balzare agli occhi come in un Paese in cui le imprese e spesso i professionisti sono in attesa di decine e decine di miliardi di pagamenti non onorati dalle pubbliche amministrazioni (e anzi, è stata avviata un operazione importante per restituire alle imprese queste somme), ora siano proprio gli stessi creditori a dover anticipare allo Stato gli importi necessari per consentire di tamponare gli effetti del rinvio dell’aumento dell’Iva. Una soluzione, probabilmente, verrà trovata nella legge di stabilità. Ma nel frattempo? Chi spiegherà ai contribuenti che risparmieranno qualche decina di euro sui consumi ma rischiano di doverne spendere altrettanti (e forse più) a novembre per il rincaro degli acconti? Per di più, quando, in molti casi, imprese e professionisti sono costretti a ricorrere all’indebitamento per pagare le imposte»
Che aggiungere? Solo un paio di cose. In primo luogo, che forse era meglio lasciar partire l’aumento, se questa doveva essere la “soluzione”, rigorosamente transitoria. Gli stessi commercianti, che tanto hanno strepitato, in ogni sede, col governo per evitare di prendersi sul groppone l’aumento (che si sarebbe risolto soprattutto in compressione dei margini dei venditori, più che in aumento dei prezzi) ora pagheranno il conto, sotto forma di aumento dell’acconto Irpef, con conseguente calo di liquidità sul fine anno, che porterà i commercianti medesimi a nuovi strepiti sotto Natale.
Poi, se queste sono le premesse, c’è da sperare che non ci siano ulteriori rinvii dell’aumento Iva che ora è slittato ad ottobre, perché di questo passo rischiamo di beccarci un’addizionale Irpef. Da ultimo si conferma che in Italia un governo di larga coalizione, a differenza che altrove, è solo l’ultimo chiodo alla bara di un paese, e non il modo per prendere decisioni difficili. Sarà che da noi, oggi, esiste comunque una robusta (per quanto eufemisticamente ridicola) opposizione parlamentare a giocare di rimessa e soffiare sul fuoco del malcontento, sarà che i partiti di maggioranza si sentono più di lotta che di governo ma quello a cui stiamo assistendo, in queste settimane, è uno spettacolo che giustifica le peggiori sensazioni sulla prognosi per questo paese.