Liscio, gassato o corretto per i giorni lavorati?

Avviso ai lettori: quello che segue non è un post contro Istat, anzi. Quello che segue è solo un piccolo divertissement fatto per indurre a riflettere su quello che si può fare con i dati statistici, ora che abbiamo scoperto che esistono dati destagionalizzati, corretti per i giorni lavorati e grezzi. Forse potrà essere d’aiuto a leggere i dati in controluce anche senza essere esperti, chissà. La speranza è l’ultima a morire, dopo tutto.

Oggi Istat ha pubblicato uno scoppiettante dato di produzione industriale per il mese di gennaio, in cui l’indice destagionalizzato aumenta, rispetto a dicembre 2015, dell’1,9%. Dopo due mesi di segni meno, ottimo e abbondante recupero, diremmo. Se poi andiamo a guardare il tendenziale, cioè la variazione degli ultimi 12 mesi, abbiamo un vero e proprio mini-boom, almeno rispetto ai dati rachitici a cui eravamo abituati. A patto di usare la metrica “corretta”, sotto ogni senso:

«Corretto per gli effetti di calendario, a gennaio l’indice aumenta in termini tendenziali del 3,9% (i giorni lavorativi sono stati 19 contro i 20 di gennaio 2015)»

Chiaro, no? Nel 2015 abbiamo avuto un giorno lavorativo in più, quindi rettifichiamo di conseguenza il numero, ed otteniamo qualcosa di lusinghiero. Che non a caso non è sfuggito ai nostri vigili custodi dell’ottimismo e degli hashtag:

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Come avrete forse notato, oggi i nostri pasdaran non si sbracciano a dire che “conta solo il dato grezzo, cioè non corretto per i giorni lavorati”. Chissà per quale motivo. Ebbene, visto che ormai il veleno è stato inoculato nell’organismo, vi proponiamo di andare ad indagare là dove non batte il sole: il dato grezzo riferito alla variazione annuale. Niente tecniche di correzione statistica, destagionalizzazione, giorni lavorati. Solo il dato maledettamente grezzo. Così, per passare tempo e mostrare il numero da dove si forma.

Ebbene, se andate qui, a pagina 5, in basso a sinistra, potete vedere di quanto è variata la produzione industriale grezza tra gennaio 2015 e gennaio 2016. L’aumento è dello 0,7%. Avete letto bene: zerovirgolasettepercento. Si, lo sappiamo: il numero grezzo non vale, non si ragiona così, siamo alla barbarie statistica, e così spero di voi. Certo. Però. Però volevamo solo segnalarvi che non sempre la realtà è come appare, e che forse abbiamo trovato la macchina del moto perpetuo dell’ottimismo: a questo giro usiamo il dato grezzo, al prossimo quello destagionalizzato, al successivo quello corretto per i giorni lavorati.

“Ah, certo, genio. Ma lo stesso stai facendo tu, per orchestrare la tua campagna gufesca!”, ci pare di sentirvi dire. Veramente no. Quello che sto cercando di farvi comprendere è che a gennaio serviva un rimbalzo del dato “non grezzo” per ripristinare il sentiero di una produzione industriale che cresce comunque in modo molto contenuto, e peraltro sempre grazie soprattutto alle auto. E per attirare la vostra attenzione sul fatto che esiste un “fattor comune” statistico tra i paesi. Non ci credete? Guardate il mini-boom della produzione industriale in gennaio per Francia e Germania, e poi giudicate.

Se poi volete distaccarvi dal singolo dato e guardare la media mobile trimestrale, sappiate che nel periodo novembre-gennaio il nostro progresso è dello 0,2%. Giratela come vi pare ma sempre zerovirgola siamo. Ma questo non è un problema per i nostri guardiani dell’hashtag: già loro erano cresciuti con le immortali parole di Ron:

«Raccontare dei successi e dei fischi non parlarne mai»

Ma ora che hanno scoperto di potersela giostrare tra grezzo, destagionalizzato e corretto per giorni lavorati, potranno anche liberarsi di questo precetto. Ad ogni dato macro una nuova, esaltante sorpresa. Altro che l’ovetto Kinder.

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