Il DOGE e i tecnoentusiasti dello squilibrio dei poteri

Qualche mese addietro ho cercato di immaginare come potesse essere costruita e quali esiti avrebbe potuto produrre la spending review che Donald Trump aveva affidato a Elon Musk. In quel commento ipotizzavo che venisse formata un’agenzia federale, come fatto in passato, e che alla fine dei giochi l’esercizio potesse essere sterile, perché è il Congresso a detenere il cosiddetto “potere della borsa” e i cordoni della medesima. Certo, sapevamo che Trump aveva in animo una battaglia per appropriarsi in ampia parte di quel potere, che ad oggi non è ancora stata avviata.

Invece, abbiamo avuto una grandinata di ordini esecutivi e il potere assoluto di Musk sulla struttura. Ci sono state polemiche circa il fatto che DOGE e i suoi nerd potessero entrare in modalità dispositiva e non di “sola lettura” nell’oceano di disposizioni di pagamento del Tesoro. Ad oggi, al netto del cumularsi di provvedimenti di urgenza presi da giudici di varia nomina politica, e in attesa dei giudizi di merito, quello che sappiamo è che Musk, più che intervenire direttamente nelle erogazioni, ha spinto forsennatamente per demolire il presunto bastione woke di USAID, l’agenzia creata dal Congresso su impulso di John Fitzgerald Kennedy e che ha come attività la cooperazione internazionale, la proiezione del soft power americano e l’attività di intelligence che alle prime due si accompagna, anche se non si può dire.

Vox populi

Per aggiornarci sullo stato dell’arte possiamo far riferimento alle dichiarazioni di Musk nell’Ufficio Ovale dell’11 febbraio, a fianco a Trump, con immancabile marmocchio e cappellino nero MAGA di ordinanza. L’incipit non è originalissimo ma ha sempre il suo fascino: i burocrati federali non sono eletti e operano come il quarto incostituzionale ramo del governo. Ciò non corrisponde al volere del popolo.

Se state pensando che neppure Musk è eletto, sappiate che lui è unto dal Signore dai capelli e dal fondotinta arancio, e più non dimandate. Musk ha ribadito che ridurre le spese federali non è un’opzione ma un imperativo, per mantenere solvibile lo stato. Disarmante la descrizione dell’operatività del DOGE sui flussi di pagamento del Tesoro: “commonsense“. Noi controlliamo le singole spese e ci chiediamo se sono davvero “nel miglior interesse del popolo”.

Ora, io non sono esperto di processi legislativi e contabilità pubblica, ma credevo che le spese fossero deliberate dal potere legislativo. Certo, c’è sempre un margine di interpretazione da parte della tecnostruttura burocratica ma non al punto di usurpare e stravolgere la volontà del legislatore, credo. Però prendiamo atto che Musk è li per “commonsense” e per il bene del popolo.

Ecco un apparente esempio di burocrati che non fanno la volontà del popolo: Trump ha cacciato quattro dipendenti della Federal Emergency Management Agency (FEMA), la protezione civile federale, tra cui il direttore finanziario, accusandoli di aver speso fondi per alloggiare migranti negli hotel di New York. Ciò è accaduto dopo che Musk ha accusato la FEMA di aver speso 59 milioni di dollari in “alberghi di lusso di New York” per ospitare clandestini. Forse Musk si riferiva al programma Shelter and Services della FEMA, che fornisce fondi a entità non federali (i.e alberghi) per ospitare migranti. Il punto è che il Congresso nel 2024 ha destinato 650 milioni di dollari per questa attività a FEMA e allo US Customs and Border Patrol.

Congresso e giudici fuori dai piedi

Quindi non è che questo sia uno “spreco” e un esempio di “corruzione”, come invece sostiene Trump usando la parola magica con cui gli autocrati cinesi e russi per decenni si sono liberati di personaggi divenuti scomodi. Questo è un capitolo di spesa deciso dal Congresso. Che Trump stia cercando di estromettere il legislativo, dove i Repubblicani hanno un esile controllo, è indicativo del processo in corso.

Per culmine di fantozzismo, l’amministratore facente funzioni della FEMA, forse sperando di essere confermato stabilmente nel ruolo, si è fiondato a ringraziare DOGE dicendo che “il Congresso non avrebbe mai dovuto approvare dei disegni di legge chiedendo alla FEMA di svolgere questo compito”. Della serie rimettiamo al loro posto i burocrati non eletti consentendo loro di bacchettare i legislatori eletti. Strana terapia.

Sul piano dei meccanismi organizzativi, che sono la cosa che mi interessa maggiormente perché mi ricordano la mia specializzazione universitaria, Trump ha risolto il problema ordinando che i capi delle agenzie federali collaborino con il personale di DOGE per determinare il corso di azione in un processo “data driven“, che è l’abracadabra con cui si ottiene un’aura di oggettività. Pare molto facile ma è un processo molto scivoloso. Tuttavia, lo spoils system e alcune mirate rimozioni di burocrati riottosi hanno finora svolto egregiamente il compito.

Si è poi deciso, molto tradizionalmente e assai poco da rocket scientist dell’era dell’intelligenza artificiale, di bloccare il turnover al 25 per cento (un ingresso ogni quattro uscite) e riallocare risorse umane alle missioni prioritarie delle agenzie. Quali? Lo deciderà Musk, per il bene del popolo che lo ha chiesto. Ah, e proprio perché Musk è stato scelto da Trump, che è stato scelto dal Popolo, va da sé che Musk non può operare in conflitto d’interessi, per definizione. Se poi dovesse accadere, ci penserà Trump a rimetterlo sulla retta via. Chi ha detto che pesi e contrappesi americani rischiano l’estinzione?

Riguardo i costi del personale, che nel bilancio federale non appaiono soverchianti, e in attesa del giudizio di merito sull’offerta di buonuscita, la struttura di DOGE ha chiesto ai capi delle agenzie e degli uffici federali di identificare il 5 per cento di dipendenti meno performanti secondo le pagelle valutative degli ultimi anni, per poterli licenziare. Processo analogo a quello del settore privato, chiaramente.

Sull’azione dei giudici, che al momento appaiono l’unico contrappeso allo schiacciasassi della Casa Bianca, Trump è apparso conciliante e non li ha accusati di lesa maestà, promettendo di appellare eventuali bocciature. Sappiamo che nell’inner circle trumpiano non tutti la pensano così. Per delegittimare l’azione giudiziaria già c’è chi invoca la sentenza della Corte suprema che lo scorso anno ha precisato che l’azione del presidente è pressoché incontrollabile. Un divertente contrappasso potrebbe essere che, su questa lettura, la Corte Suprema diverrà mero organo consultivo della Casa Bianca ma non balziamo alle conclusioni.

Musk, nel corso della sessione di domande e risposte, ha ammesso con magnanimità che alcune delle sue affermazioni possono essere false ma che è disponibile a essere corretto, nella logica delle ormai famose “note della comunità” che si usano su X e che anche l’ex efebo convertito al testosterone, Mark Zuckerberg, adotterà su Facebook. “Se mi sbaglio, mi corrigerete“, in pratica. Nel frattempo, prendiamo atto che non è vero che l’amministrazione federale ha inviato preservativi a Gaza per un valore di 50 milioni di dollari.

Tra le argomentazioni di Musk c’è anche quella, populista doc, secondo cui la sua ricognizione avrebbe scoperto gente di 150 anni di età che riceve benefici della Social Security. Il popolo applaude festante, presumo. Nel frattempo, la spending review dipartimentale ha tagliato 900 milioni al dipartimento dell’Educazione, che nel programma di Trump deve essere chiuso e le competenze riassegnate a livello statale, e sta tentando la soppressione dell’agenzia di protezione dei risparmiatori (Consumer Financial Protection Bureau, CFPB), che dovrebbe rinascere come piccola costola del Tesoro, allo stesso modo in cui USAID diverrà una riserva indiana del Dipartimento di Stato. Ci può stare, ovviamente: le burocrazie tendono a sovradimensionarsi e vivere di vita propria.

Abbaglio tecnoentusiasta?

Tiriamo le somme: la burocrazia pubblica, come ogni burocrazia, esorbita. Utile attuare delle revisioni di funzioni. Ma est modus in rebus. Ciò dovrebbe essere fatto col concorso del legislativo, che è il ramo del governo che decide l’allocazione delle risorse, in dialettica con l’esecutivo (la Casa Bianca). Qui, tra ordini esecutivi e cellule DOGE nelle agenzie federali, si è scelta una soluzione molto spiccia per liberarsi di controlli e lentezze del processo democratico.

Quanto alla fascinazione per l’azione di DOGE che pare aver rapito molti osservatori, convinti che l’intelligenza artificiale e i Big Data siano saldamente tra le forze del Progresso, forse conviene frenare l’entusiasmo, in attesa di capire se sono state effettivamente usate analisi con metodologie robuste e non furia iconoclasta e fregola di farsi gli affari propri. Non basta dire abracadabra, cioè data driven, per potersi abbandonare alla tecno-estasi magnifica e progressiva. Per ora, possiamo dire che l’unica cosa ottenuta è la più eclatante, inquietante e deliberata violazione di sicurezza nella storia dei sistemi informatici dello stato federale.

E poi c’è la realtà: la polpa della spesa pubblica federale risiede in tre grandi capitoli di spesa obbligatoria: Social Security, Medicare e Medicaid. Oltre alla spesa per interessi, fuori dal controllo governativo (forse), e che oggi pesa per un decimo del totale. La spesa discrezionale, quella su cui Musk sta facendo le sue sceneggiate, è pari a circa un quarto del totale ma metà di essa va alla Difesa, e non appare verosimile che i catatonici Repubblicani del Congresso possano accettare la scure, ove mai dovesse materializzarsi.

Da un calcolo dell’Economist, i risparmi sinora conseguiti dal DOGE e annunciati su X, ammontano a circa 7 miliardi di dollari. Inoltre, dal rapporto dei prelevamenti dal conto di tesoreria del Tesoro, si rileva che nelle ultime tre settimane gli esborsi medi giornalieri sono stati pari a 30 miliardi di dollari; nello stesso periodo, un anno fa, sotto Joe Biden, quel numero era pari a 26 miliardi.

Evidenze certamente non definitive ma, come direbbe qualcuno, curb your enthusiasm.

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