In un periodo in cui i mercati temono l’inarrestabile aumento dei debiti sovrani, alla periferia dell’Eurozona rifulgono due un tempo improbabili stelle: Italia e Grecia. La vendetta di due dei PIIGS, ora che l’acronimo è stato dismesso e persino il nostro paese regala agli acquirenti del suo debito una rimarchevole performance.
Porti apparentemente sicuri
Lo spread italiano è prossimo ai 90 punti base ma molti osservatori (come spesso capita con questo tipo di movimenti) lo vedono approdare ben più in basso, anche di una ventina di centesimi. Come scrivo da parecchio tempo, questo trend è figlio di alcune circostanze piuttosto nitidamente identificabili. In primo luogo, la Bce è in un percorso di allentamento monetario, peraltro da considerare pressoché completato, alla luce della situazione odierna. Poi, la Germania si è imbarcata in una epocale operazione di espansione fiscale, legata alla difesa ma anche al declino ormai strutturale di parte della sua industria manifatturiera, segnatamente l’automotive.
- Leggi anche: Riconvertiti sulla via del riarmo
Il disordine, non solo fiscale, proveniente dagli Stati Uniti spinge gli investitori a cercare porti sicuri, e in questo momento la periferia europea appare tale. Gli acquisti dei non residenti spingono al ribasso lo spread e amplificano, soprattutto sulle scadenze più lunghe, il ritorno sull’investimento, ponendo i nostri Btp in cima alla classifica europea. Né mancano momenti di celebrazione del tutto impensabili, fino a non molto tempo addietro: ad esempio, il Btp rende meno degli OAT francesi sulle scadenze a due e tre anni.
Un indice dei debiti sovrani periferici dell’Eurozona, elaborato da Bank of America, ha segnato la migliore performance trimestrale dal 2020: di questi tempi, vedere un indice obbligazionario con un ritorno positivo è qualcosa da celebrare. Puntualmente, i non residenti si sono gettati sui Btp: avviene da parecchi mesi, a dirla tutta, e anche quello vi ho puntualmente segnalato. Siamo a livelli di possesso record per i non residenti, con buona pace dei proclami autarchici del governo Meloni, che nei giorni dispari invece esalta questo nuovo eclatante Made in Italy.

Momentum favorevole
Questo momentum, come lo chiamano gli addetti ai lavori finanziari, cioè la persistenza di una tendenza, deriva dalla buona tenuta dei conti da parte del governo italiano (circostanza di cui si sono accorte anche le agenzie di rating) e dal fatto che, data la prima condizione, il rendimento dei Btp sulla parte intermedia e lunga della curva è ancora il più elevato dell’Eurozona.
- Leggi anche: Per il Bund un futuro da Btp?
Gli investitori professionali che pensano che i rendimenti in euro siano sui minimi, oltre a credere che la Germania sia solo all’inizio di un percorso di deficit e debito, possono mettere in piedi un’operazione cosiddetta non direzionale: comprare Btp decennali e vendere il future sul corrispondente Bund. Oppure vendere il Bund decennale allo scoperto, prendendolo a prestito sul mercato dei pronti contro termine. In pratica, questa operazione si gioca il solo restringimento dello spread. Facendo comunque attenzione all’andamento dei prezzi a termine impliciti nella curva dei rendimenti, che stanno già scontando ulteriori riduzioni del differenziale.
Veniamo alle considerazioni politiche. Della fallacia autarchica ho detto, più volte: se un paese ha conti a posto, gli stranieri arrivano a comprare, e si può solo ringraziare e compiacersi. Oggettivamente, il governo Meloni, e il ministro Giancarlo Giorgetti, sono estremamente attenti a non sbracare sul deficit, vista anche la spada di Damocle del debito da Superbonus che emergerà nei prossimi due anni.
Non è un caso che l’Italia abbia deciso di non ricorrere alla deroga al patto di stabilità sul riarmo per fare ulteriore deficit: siamo in un percorso di rientro che va perseguito, anche da parte del paese che, con governi di qualsiasi colore, chiede scorpori e nuovo deficit. Se i rendimenti e lo spread calano, tanto di guadagnato. L’inerzia del movimento di mercato, come detto, ci pone in quello che gli anglosassoni chiamano soft spot.
Una condizione fragile
Ma questa è anche una condizione fragile: non bisogna dimenticare che siamo e restiamo un paese a crescita esangue. Né bisogna dimenticare che i rendimenti in valore assoluto restano elevati. Siamo cioè ad alto rischio della famigerata “palla di neve” avversa, quella dove il costo medio del debito eccede la crescita nominale. Basterebbe una recessione, per creare nuovi seri problemi che verosimilmente costringerebbero il governo a una manovra di contenimento del deficit che diverrebbe pro-ciclica, nel senso che attuerebbe una stretta nel momento in cui servirebbe invece un’espansione fiscale, anche quella spontanea indotta dagli stabilizzatori automatici.
L’opposizione, che passa il tempo a dipingere scenari dickensiani di un’umanità italica lacera e dolorante e a chiedere, nella maggior parte dei casi, nuovo deficit o il classico tassa e spendi (tassa i soliti noti, sia chiaro), avrà modo di denunciare questa situazione come ennesima conferma che il governo Meloni affama il popolo. Già si leggono titoli di house organ che, giocando con la correlazione, si perdono la causalità ma portano fieno alla cascina del loro leader di riferimento e al suo pacifismo ignavo. Nulla di nuovo sotto il sole.
Quindi giusta la soddisfazione, ma serve la consapevolezza dei nostri limiti. E anche quella del meccanismo di mercato chiamato momentum. Che porta con sé anche la saggezza di mercato: the trend is your friend, except at the end. Se poi il governo Meloni impazzisse improvvisamente e decidesse di mettere in campo politiche offertiste, cioè concorrenza, per innalzare il potenziale di crescita, forse il nostro futuro avrebbe un’ulteriore schiarita. Ma non si può sognare troppo, evidentemente.
(Immagine: MEF)



