Ogni legge di bilancio, non solo in Italia (bene enfatizzare questo aspetto), grande o piccola che sia, si risolve in un disperato tentativo di aumentare le entrate per redistribuire una parte, piccola a piacere, del gettito aggiuntivo ottenuto, e poter così proclamare in modo trionfale “abbiamo abbassato le tasse, avanti tutta!”. Salvo poi scoprire, al primo consuntivo utile, che la pressione fiscale complessiva, tra tributi e contributi, è aumentata, e dare fiato all’opposizione pro tempore ed alle sue petulanti lamentazioni. Anche quest’anno non fa eccezione: aumentare le entrate danneggiando alcune constituency per ridurre le tasse ad altre, spesso sovrapponibili alle prime. Risciacqua e ripeti.
Finora, la misura che ha suscitato altissimi lai, grazie all’efficacia delle rispettive lobby, è l’aumento di imposta, dal 21 al 26 per cento, sul primo immobile posto a locazione breve. Gettito stimato: cento milioni di euro circa. Cioè qualcosa che potrà essere agevolmente reperito altrove, consentendo ai partiti di maggioranza di proclamare trionfanti “Abbiamo impedito aumenti di tasse, perché noi siano contro le tasse, avanti tutta!”
Moriremo tutti
A parte queste dinamiche da treccartari di paese non troppo sveglio, sul piano della teatralità abbiamo avuto le lobby degli affitti brevi (lobby è una descrizione, non un epiteto) che si sono fiondate a lanciare comunicati alle agenzie di stampa. Menzione d’onore per l’associazione, pardon “centro studi” che ha presentato l’aumento di imposizione come l’anticamera di un genocidio e la chiave di volta crollata la quale saremo finiti agli inferi:
Le case online diminuiranno e aumenteranno i prezzi. Si rischiano ricadute sui consumi, sul turismo e su tutto l’indotto. Molti italiani, con i salari bloccati, hanno tolto le case dalle piattaforme per andarci in vacanza. Il che rischia di tradursi in un turismo che si sposta fuori dall’Italia, danneggiando anche gli stessi albergatori.
Eh la madonna, esclamerebbe Renato Pozzetto. Certo, aver studiato le curve di domanda e offerta può aiutare a formulare prescrizioni di policy, da bravo centro studi, e vaticinare devastazioni bibliche. Però qui siamo al genere letterario. Vediamo: meno case online (ma quindi resterebbero in nero?), l’offerta si restringe, i prezzi aumentano, i turisti fuggono dalla Penisola urlando per l’orrore. In sintesi, modalità hashtag: #moriremotutti. Partendo da un aumento del 5 per cento dell’imposizione specifica.
Poi c’è questa vena dickensiana che narra l’orgoglio della povertà italiana, con i salari bloccati e la vita sempre più cara, che spinge le povere famiglie proprietarie di un secondo immobile a tagliare i costi e usarlo per farci le vacanze anziché metterlo a reddito per pagare le bollette e sfamare la prole. La quale prole, par di capire, finisce a letto senza cena ma in ridente località turistica, perché la vita è tutto un tradeoff. E quindi, aridaje: crollo dell’offerta, prezzi alle stelle, fuga dei turisti che lasciano il campo delle case di vacanza ai poveri italiani, che si ritirano in esse togliendole dal mercato e dando prova di grande dignità.
Ho letto persino che l’aumento del 5 per cento delle imposte sulle locazioni brevi del primo immobile causerebbe il collasso della grande operazione di recupero dei borghi italiani, patrimonio dell’umanità, e aprirebbe la strada al depopolamento, con lupi e cinghiali che si sposterebbero nei centri storici delle aree urbane e lì creerebbero un pugnace sindacato.
Scaricare tutto, reloaded
A me viene spontanea la domanda: e vendere quegli immobili, se sono di così insostenibile peso? Mai sia, mi rispondono ruggendo di sdegno dai social. Molti immobili sono invendibili, appena usciti dalla tangenziale di Milano. E quindi, che fare per questa angusta situazione, che vede le assurde pretese di uno stato gabelliere di tassare i frutti di un cespite patrimoniale (dove finiremo, signora mia)? Qui lobby e centri studi hanno la soluzione: ridurre le tasse per compensare i crescenti oneri della proprietà immobiliare. Schema classico degli stati ultracorporativi ma non per questo soluzione ideale.
Se ogni aumento di onerosità di un attivo patrimoniale deve trovare pronto ristoro in una defiscalizzazione, arriviamo all’aberrazione che ci sono beni di proprietà esclusiva che devono essere messi a carico della fiscalità generale. No, carissimi, questo è socialismo surreale. Quello per cui “quel che è mio è mio, quel che è tuo è mio”. Personalmente, non ho nulla in contrario a trasformare l’Italia in un paese di affittacamere e camerieri (mestiere peraltro molto importante), cioè nella sua balnearizzazione. Solo, sono contrario a farlo con le mie tasse. Lo so, sono un intollerabile asociale.
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In una giornata di furore sui social, ho letto richieste di “scaricare tutto” dalle case locate brevemente, oltre all’epifania di vibrate proteste contro l’esosità delle piattaforme alla AirBnB, scoperta nel pomeriggio di ieri. La quale AirBnB a sua volta ha protestato contro la misura ergendosi a difesa del “ceto medio”. Sono pronto a scommettere che tra quelli che “scarichiamo tutto, Imu, Tari, lavanderia, perché la tassazione è sul lordo, vergogna!”, c’è un congruo numero di liberali con tante b. Lo fanno per autodifesa, certo, ma ciò non li rende meno ridicoli.
Ma i locatori brevi si sono costruiti anche una narrazione ad hoc: mettete i proprietari in condizione di riappropriarsi rapidamente di un immobile affittato a lungo termine, e vedrete che gli affitti brevi spariranno o quasi. Confortante fallacia: basta guardare ad altri paesi europei che hanno una tutela dei diritti di proprietà immobiliare meno barbara della nostra, e vedrete che il fenomeno degli affitti brevi resterà comunque gagliardo. Perché, semplicemente, è molto più redditizio, non ci sono santi. Però viviamo in un’epoca di dissonanze cognitive, pazienza.
Lo tsunami di ruderi in successione
Quello che mi preoccupa di più è quello che accadrà dopo la prossima onda di piena di successioni, che scaricheranno sulle spalle di incolpevoli eredi il patrimonio immobiliare, spesso sotto forma di rudere, delle generazioni arrivate al capolinea e cresciute col mantra de “il mattone non tradisce mai”. Che accadrà, in quel momento? Che gli eredi, disperati, chiederanno allo stato di sostenere i costi dell’eredità immobiliare, con la fiscalità generale?
Ecco, questa è una cosa che quasi mi toglie il sonno. Perché conosco il chiagnifottismo degli italiani. Quelli che si vantano per il loro tasso di risparmio e le loro ricchezze private ma scordano che sono state create grazie all’accumulazione di un mostruoso debito pubblico. Perché gli italiani sono così: liberisti con tante b negli asset, socialisti nelle liabilities. Questo modo di stare al mondo sta giungendo al capolinea della crisi fiscale.
Certo, meglio sarebbe ridurre l’onerosità fiscale, finanziandola abbattendo le spese. Le quali però sono le solite: pensioni e sanità, su tutte. A parte programmi politici arrivati da Marte che chiedono tagli in valore nominale alle pensioni (frutto di convivio etilico-programmatico, credo), la strada, ripeto, non è quella di chiedere esenzioni fiscali selettive, che fatalmente portano ad aumenti di imposta altrove. Soprattutto sull’Irpef dei poveri kulaki.
Eliminare l’Imu sulla prima casa ha prodotto un buco di gettito locale compensato (quando va bene) con trasferimenti centrali che tuttavia non sono indicizzati all’inflazione, e quindi diventano sempre più piccoli. Quanto tempo passerà prima di aumentare i massimi delle addizionali, regionale e comunale, o abbattere le detrazioni non per ridurre le aliquote ma per preservare il gettito? Coraggio, non è difficile da capire.
Se posso suggerire un capitolo di spesa pubblica futura, per attutire il colpo dei ruderi ereditati: prevedere agevolazioni per le demolizioni e codificare in modo puntuale le fattispecie di rinuncia all’eredità. Costerà molto meno, ai contribuenti rimasti, di questo surreale welfare immobiliare che arriva dal passato per mettere un ex asset divenuto liability sulle spalle dei pochi intimi che ancora pagano tutte le imposte. E se pensate che questa sia una battuta, siete del tutto privi di senso dell’umorismo.
(Immagine creata con ChatGPT)



