Idraulici polacchi, panettieri francesi e barriere nazionali

Un’indagine del FT evidenzia e rimarca ciò che è noto da tempo: le maggiori barriere non tariffarie interne alla Ue si trovano nel settore dei servizi, e sono conseguenza di scelte protezionistiche dei governi nazionali. L’inchiesta prende le mosse dal caso del panettiere francese che voleva aprire una panetteria in Baviera, dove viveva la sua fidanzata.

Dopo aver tentato invano di far riconoscere alle autorità tedesche l’abilitazione professionale del suo paese, il francese si è sottoposto nel 2004 all’esame di Bäckermeister.

Arti, mestieri e corporazioni

Dopo quella data, la Ue ha emesso una direttiva per semplificare il riconoscimento delle qualifiche professionali ma le cose non sono migliorate significativamente. Secondo un’analisi del FT, nel 2024 un quarto delle richieste estere di riconoscimento di qualifiche professionali sono state respinte. A un ulteriore decimo è stato richiesto di sottoporsi a un esame o di attendere un “periodo di adattamento” prima del riconoscimento. Dal 1997, un totale di 711.000 richieste di riconoscimento di qualifiche estere sono state approvate nei paesi Ue, di cui 356 riguardano panettieri.

Nei paesi della Ue, esistono 6.679 attività economiche regolamentate. Il 60 per cento circa riguarda infermieri, medici e docenti di scuola superiore. Ma c’è una surreale pletora di professioni con “licenza”, dagli agopunturisti ai piloti di droni, dai sellai ai degustatori di vini.

Il commercio di servizi intra-Ue è pari a un misero 8 per cento del Pil, contro il 24 per cento delle merci. Quindi il principio della libera circolazione pare limitato nei servizi. La famosa o famigerata direttiva del 2006, che noi italiani conosciamo come Bolkestein, dall’allora Commissario al mercato interno, risulta non applicata in molti aspetti, preservando le barriere nazionali.

L’articolo del FT ricorda che le normative sono particolarmente complicate in Germania, dove le corporazioni di mestieri qualificati risalgono al Medioevo:

In 53 professioni, gli imprenditori hanno bisogno di un certificato di maestro per gestire o aprire un’attività. Prepararsi per gli esami teorici e pratici per tali certificati richiede generalmente almeno un anno per gli studenti a tempo pieno o fino a tre anni e mezzo per chi studia part-time. I costi possono facilmente ammontare a 10.000€ insieme agli stipendi che le persone perdono mentre sono in fase di studio — e gli esami devono essere sostenuti in tedesco. Il governo di Berlino ha persino inasprito le regole nel 2019 quando ha aggiunto altre 12 professioni all’elenco, tra cui piastrellisti e costruttori di giocattoli e barili di legno. I sostenitori di tali normative sostengono che fungano da garanzia di qualità, ma gli economisti le vedono come barriere all’ingresso che riducono la concorrenza e mantengono alti i prezzi.

Personalmente, ricordo benissimo le reiterate richieste dell’allora premier italiano, Mario Monti, al governo di Angela Merkel per liberalizzare il settore dei servizi. Monti le presentava come parte integrante dei “compiti a casa”. Richieste rimaste lettera morta.

Alla direttiva sui servizi è associata l’immagine dell'”idraulico polacco”, creata dal politico nazionalista francese Philippe de Villiers, che voleva in tal modo illustrare il rischio che i lavoratori dell’Est europeo potessero scardinare i mercati del lavoro dei paesi europei più ricchi, con conseguente riduzione dei redditi. Eviterò la facile battuta sul rischio che, di questo passo, siano gli idraulici francesi (e inglesi) a cercare lavoro in Polonia.

Un settore vasto e complesso

Il settore dei servizi ha un’effettiva complessità a integrarsi a livello transfrontaliero: si pensi alle reti di energia e trasporti, oltre che ai mercati finanziari. Inoltre, i servizi possono possedere una dimensione locale che li rende strutturalmente meno mobili delle merci. Per non parlare delle barriere linguistiche.

Ma da questa integrazione passa una delle vie per rilanciare la costruzione europea e la crescita. Secondo la ricerca di una docente dell’Università di Monaco i servizi, in particolare quelli commerciabili in settori quali IT e finanza, nel periodo 2000-2023 hanno rappresentato l’81,9 per cento della crescita europea.

Il mese scorso la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato i piani per attuare una nuova strategia del mercato unico entro il 2028, comprese le iniziative di armonizzazione dei regimi di autorizzazione e certificazione entro l’Unione. La commissione vorrebbe semplificare la fornitura di servizi in un paese diverso su base temporanea, ad esempio per facilitare il noleggio transfrontaliero di auto e i servizi di installazione, manutenzione e riparazione.

Ma tradurre il consenso politico in misure concrete non sarà facile. A parole, tutti i leader europei concordano sulla maggiore competitività, salvo ritrarsi quando ciò significa minacciare gli interessi costituiti interni ai rispettivi paesi. E non può né deve sfuggire che la categoria “servizi” non è fatta solo da panettieri, agopuntori e degustatori di vini ma anche e soprattutto (per peso economico) dalle grandi reti di energia, trasporti e finanza. Quelle dove la difesa degli interessi nazionali, genuina o strumentale, diventa lotta col coltello tra i denti.

Repetita iuvant: la prossima volta che sentirete qualche leader politico, non solo italiano, spronare la Ue a “muoversi” e a “rimuovere le barriere interne”, sappiate che chi parla è il vero artefice di quelle barriere, o almeno ne è complice. Tutto il resto sono chiacchiere da treccartari.

E il nostro panettiere francese in Baviera? Lui comprende che gli ostacoli transfrontalieri sono il prodotto dell'”orgoglio” artigiano, ma li considera comunque eccessivi. Perché alla fine, dice, non è la certificazione che ti tiene in affari ma solo la tua abilità. Come dargli torto?

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