Ma voi ricordate i richiami del premier sull’importanza di dare un quadro normativo certo agli italiani, un centro di gravità permanente, normativo e fiscale, che rassicuri e consenta di fare programmi per il futuro? Si, quello. Quello che fa il “funerale delle imposte sulla prima casa”, ad esempio. E poi ci sono le clausole di salvaguardia, quelle che vengono inesorabilmente neutralizzate, per dare serenità agli italiani e magari spingerne il sentiment di consumatori? Ecco, quelle.
Come scrive oggi Mario Sensini sul Corriere:
«La manovra sull’Iva, intanto, è stata definita. E sostanzialmente è un rinvio degli aumenti, non una loro eliminazione. L’aliquota Iva del 10% salirà al 13% nel 2017, invece che crescere al 12% nel 2016 e di un altro punto l’anno successivo. Così l’aliquota del 22%, che passerebbe al 24% nel 2017 e al 25% l’anno dopo, invece che aumentare di un punto l’anno prossimo, di due nel 2017 e ancora di uno 0,5%, per finire al 25,5% nel 2018. Solo quel mezzo punto è definitivamente risparmiato»
Notevole, no? Si prende l’aumento per il 2016 e lo si manda sul 2017, cumulandolo. Faites vos jeux! Ma anche l’anno prossimo neutralizzeremo quelle clausole, perché noi siamo di parola. Le spingeremo in avanti di un anno oppure introdurremo l’orizzonte del 2019. Panta rei, pure le tasse. Oppure chiederemo di restare col deficit al 3%, col tachimetro a fondo scala, insultando “gli ottusi burocrati di Bruxelles”, perché noi siamo padroni a casa nostra, anche del deficit, e Renzi vuol dire fiducia.