Solidarietà aggravata e continuata

Il presidente del Fondo Interbancario di tutela dei depositi (Fitd), Salvatore Maccarone, ha preso carta e penna ed ha scritto una letterina al Sole, pubblicata ieri. In essa, Maccarone invoca il rigore di lettera e spirito della norma europea contro il ruolo di ristoratore “di sistema” che l’Italia ha attribuito al Fondo, riguardo agli obbligazionisti subordinati. Perché alla fine la missione è una ed una sola: salvare gli obbligazionisti bancari italiani, tutti e sempre, a costo di morire dissanguati e far fare la stessa fine agli utilizzatori di servizi bancari.

Il motivo della lamentazione di Maccarone è riconducibile al cosiddetto “Fondo di solidarietà”, definito “un artificio”, attraverso il quale

«[…] il Legislatore “ingiunge” al Fitd di ricevere, organizzare e gestire le (innumerevoli) richieste di rimborso provenienti dai portatori di obbligazioni subordinate, rimborso che effettuerà, attingendo alle sue risorse, nella misura forfetaria dell’80% o nella diversa misura che sarà indicata dai Collegi arbitrali costituiti presso l’Anac, quando concorrano alcune condizioni, soggettive e oggettive»

In cosa consiste il “deciso dissenso” di Maccarone? Per farvela molto breve, nel fatto che il Fondo interbancario di tutela dei depositi ha come scopo istituzionale, che affonda le proprie radici nella norma europea, che ha innovato quella italiana, quello di (incredibile a dirsi) “tutelare i depositanti” entro 100 mila euro, non gli obbligazionisti. Tu guarda che stranezza, vero? Un fondo di tutela dei depositi che deve tutelare solo i depositi. Ma dove andremo a finire, con questa ambiguità? Ironia a parte, e facendovi grazia della dotta ed esaustiva citazione delle fonti del diritto comunitario contenute nella lettera di Maccarone al Sole, il punto è questo:

«Il limite del rimborso per tutti i rapporti protetti facenti capo al singolo depositante (la cd. Single customer view) è, come sappiamo, fissato in 100 mila euro e tra i crediti esclusi dal rimborso sono espressamente indicate le obbligazioni, senior, junior o di qualunque altro tipo, emesse dalla banca»

Ehi, guarda un po’, niente obbligazionisti. Ma l’Italia ha deciso di “arricchire” la funzione del Fitd, “integrando” la direttiva comunitaria per esercitare la nobile solidarietà, dopo la risoluzione delle quattro banche del novembre 2015. E lo ha fatto in modo vieppiù oneroso per il sistema:

«II testo originario del comma 856 della legge di stabilità 2016 originariamente prevedeva che il Fondo di solidarietà, sulla base delle esigenze connesse al rimborso delle obbligazioni subordinate delle quattro banche, fosse alimentato dal Fitd fino a un massimo di 100 milioni e gestito dallo stesso Fitd (comma 860). Il limite dei 100 milioni è poi stato eliminato dalla L. n.59 del 2016 e quindi il Fitd “alimenterà” il Fondo di solidarietà senza alcun limite e secondo le esigenze connesse al rimborso»

Ed è a questo punto che Maccarone prorompe in un gagliardo “e mo’ ‘bbasta!“:

«Questo meccanismo è in contrasto palese con la disciplina europea e nazionale dei fondi di garanzia dei depositanti e del Fitd in particolare, per una serie di motivi. Il primo e il più evidente è che le somme destinate, con vincolo normativo, al rimborso dei depositanti vengono utilizzate per uno scopo non solo diverso, ma anche non consentito dalla disciplina di riferimento, in quanto gli obbligazionisti sono espressamente esclusi dal rimborso da parte dei fondi di garanzia. E superfluo aggiungere che quelle versate dalle banche aderenti sono le uniche somme di cui il Fitd dispone e quindi l’alimentazione che la legge indica non può che avvenire con le somme vincolate al rimborso dei depositanti. In secondo luogo, mentre per i depositanti esiste il limite dei 100 mila euro, nessun limite è previsto per il rimborso degli obbligazionisti subordinati, potendo essere – ed essendo più volte già stato in passato, come è stato sottolineato nei giorni scorsi dal Sole24Ore – l’80% forfetario anche di molto superiore a quell’importo, con l’effetto, oggettivamente difficile da giustificare, che il soggetto destinatario della protezione e quello maggiormente meritevole di tutela nell’assetto del sistema, e cioè il depositante, riceverebbe una somma inferiore a quella che altri creditori, oggettivamente portatori di titoli con una marcata componente di rischio, potrebbero invece ricevere con l’impiego delle somme destinate alla protezione dei primi»

Capite il senso? Il “Fondo di solidarietà” giuridicamente e patrimonialmente non esiste, eppure i soldi in esso contenuti, frutto di versamenti delle banche che formalmente dovrebbero tutelare i depositanti entro i 100 mila euro, stanno andando a remunerare gli obbligazionisti subordinati retail vittime di misselling. Anche, e questo ha davvero del demenziale, per importi superiori alla stessa garanzia sui depositi, cioè oltre 100 mila euro. Il riferimento di Maccarone è all’articolo di Marco Ferrando sul Sole dello scorso 15 luglio, nel quale si segnalava che il Fondo di solidarietà ha effettuato, tra gli altri,

«Un rimborso da oltre mezzo milione di euro, corrispondente a un investimento pari ad (almeno) 625 mila euro in bond subordinati di Banca Etruria e Banca Marche, con tutti i rischi – e i rendimenti – connessi. Nove rimborsi di valore compreso tra 200 e 500 mila euro, altri 57 tra i 100 ed i 200 mila euro, più altri 212 per un ammontare fino a 100 mila euro»

Non male, no? E perché una cosa del genere può accadere? Risponde sempre il pezzo di Ferrando:

«Il fatto è che per determinare la platea dei beneficiari si sono individuati due requisiti (patrimonio mobiliare inferiore ai 100 mila euro al 31 dicembre 2015 e reddito complessivo lordo 2014 inferiore ai 35 mila euro), ma basta soddisfarne uno per ricevere l’indennizzo. E pensare che dal dibattito parlamentare che ha preceduto l’approvazione della legge 119/2016, emerge che il provvedimento un anno fa veniva tacciato di eccessiva rigidità, con la richiesta formulata da più parti di allargare la platea dei potenziali beneficiari»

Ecco, giusto, allarghiamo la platea. Magari agli azionisti delle venete, come vorrebbe il governatore Luca Zaia e non solo lui. In questo “dettaglio” normativo trovate l’essenza della bancarotta dell’Italia come sistema-paese. Si scrive la norma, spinti dai buoni sentimenti e per mettere una toppa ad altre protratte porcate fatte per molti anni, e la si lascia con maglie abbastanza larghe da farci passare un autotreno, che spiaccica sotto le sue ruote il concetto del tutto demodé di “equità”. Non sorprende quindi che il buon Maccarone, confermando la porcata che le cose sono andate esattamente così, abbia esplicitato il suo “deciso dissenso”, invocando addirittura la norma europea. Questo però è il gemello del Maccarone che accusava la Commissione Ue di rigidità estrema ed immotivata quando il Fitd voleva comprarsi le banche fallite d’Italia, ricevendo il niet di Bruxelles, con grande sdegno di tutti i nostri editorialisti di sistema. Nel paese dei gemelli in perenne lotta fra loro ci sta anche questo, e capita pure che l’odiata Ue divenga ultimo baluardo contro la balordaggine domestica. Almeno a giorni alterni.

Come che sia, tranquilli: la “solidarietà” si sta già traducendo in un aumento degli oneri “di sistema” per i titolari di conti correnti e per chiunque richieda servizi bancari. Funziona così: venite al mondo in Italia, e sarete condannati alle forme più distruttive di solidarietà coattiva. Altrimenti detta fregatura, per non usare altra più colorita ed efficace espressione politicamente scorretta, che chiama in causa un orifizio del corpo umano.

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