In rianimazione

In questo periodo, in cui tutti amiamo discettare sul peso del settore pubblico sull’economia, può essere utile ricordare che questa metrica non si misura più esclusivamente in termini di proprietà azionaria “esplicita” di banche ed imprese, ma anche e soprattutto di sostegni finanziari all’economia. Troppo spesso si tende a dimenticare quello che accadrebbe senza la facility di acquisto di carta commerciale da parte della Fed, o i programmi di sostegno ai mutuatari, o il famigerato TARP, o  le garanzie sui fondi di mercato monetario, o l’ormai ipertrofica attività della FDIC (che si chiama nazionalizzazione, ma non si può dire, perché sennò qualcuno non ci dormirebbe la notte).

E ancora, il Temporary Liquidity Guarantee Program, che consente alle banche di emettere obbligazioni con garanzia federale (tripla A, per ora), e potersi pavoneggiare col rimborso delle azioni privilegiate sottoscritte mesi addietro dal Tesoro (la “lettera scarlatta”, per usare la definizione di Jamie Dimon di JPMorgan), e a noi piccoli ed inconsapevoli “guru” della finanza di dire ai risparmiatori che le obbligazioni societarie sono l’asset dell’anno, partecipate numerosi.

Tiriamo le somme? L’economia statunitense oggi dovrebbe essere grande 14.000 miliardi di dollari, in diminuzione. La somma dei programmi di sostegno all’economia è pari a 10.500 miliardi di dollari. Tradotto: l’economia americana è ormai quasi completamente nazionalizzata, nel senso di dipendente da fondi pubblici per il proprio regolare funzionamento. E ora, che i convegni si aprano.

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