Liberismo fiscalmente modificato

Ora che il referendum di Mirafiori è passato, e torme di liberisti affollano colonne di giornali, blog e social network spiegando che l’esito è cosa buona e giusta (e lo è, così la palla torna nella metà campo del condottiero dei due mondi, che potrà dimostrare la sua visione strategica globale senza più l’alibi della scarsa produttività del lavoro italiano), vorremmo omaggiarvi di quello che crediamo dovrebbe diventare il motto di questo paese: l’armiamoci e partite, l’eccezione alla regola, la cultura della deroga, il dura lex (economica) sed lex, applicato alla nostra morale così poco calvinista, in fondo. Per non dire così profondamente cattolica, ma non vorremmo che qualcuno si offendesse.

Perché l’ortodossia è forte, ma la carne è debole:

«Non sono un liberista formale, ortodosso, non me lo posso permettere perché ho un nonno abruzzese, con lo stato nel sangue; e anche perché dirigo un giornale che da anni gode di meritate sovvenzioni pubbliche, come la Scala di Milano, che lo rendono libero e stupendo» – Giuliano Ferrara, 10 gennaio 2011

Per parte nostra pensiamo che il giornale in questione sia effettivamente un gran bel prodotto editoriale, e promettiamo che il giorno che dovesse perdere i sussidi pubblici ci attiveremo per contribuire alla sua sopravvivenza. Perché, come noi liberisti formali ed ortodossi ben sappiamo, meglio la filantropia del welfare.

P.S. E comunque l’editoriale da cui è tratta questa citazione è ampiamente condivisibile, elogio preventivo di Sacconi a parte.

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