Macromonitor – 26/6/2011

Mercati rischiosi in ripiegamento nella settimana, guidati dalle materie prime e seguiti dal credito. Nuovi massimi dell’anno per il reddito fisso.

Ancora una settimana di dati macro e notizie sulla situazione fiscale statunitense ed europea piuttosto negativi. Gli indici dei direttori acquisti (PMI), in attesa dell’ISM statunitense, confermano per il momento il rallentamento, mentre si attendono i dati di produzione industriale cinese e Usa di maggio, che dovrebbero mostrare l’inizio dell’atteso rimbalzo. Il problema, per i mercati, è però che tale rimbalzo è una visione largamente condivisa tra i previsori.

Una seconda serie di notizie che mette gli investitori sulla difensiva è quella relativa alla politica. Lo stallo tra Democratici e Repubblicani sul bilancio e simili disaccordi tra maggioranza ed opposizione ad Atene hanno aumentato i rischi di incidenti di percorso, ma dovrebbero concludersi con un accordo o con esiti non sfavorevoli, anche se la Grecia continuerà a rappresentare un serio problema, perché il suo merito di credito è largamente percepito come non recuperabile in assenza di un default. L’attuale strategia di Ue, Fmi, e Bce è chiaramente mirata a prendere tempo, per consentire a chiunque di prepararsi all’inevitabile, riducendo quindi il rischio di un contagio in stile Lehman. Tuttavia alcune mosse preventive, quali la fuga di capitali dal paese e la riduzione del rischio controparte, rischiano di divenire destabilizzanti.

Il maggior danno ai mercati rischiosi, questa settimana, è venuto dal taglio delle prospettive di crescita statunitense da parte del Fomc, pur se a livelli ancora superiori al consenso di mercato, oltre all’ammissione implicita che la Fed è prossima ad esaurire le munizioni, mentre l’Amministrazione ed il Congresso non hanno più capacità e volontà/interesse a promuovere uno stimolo su vasta scala. In questo contesto, i mercati hanno interpretato il rilascio di 60 milioni di barili di riserve strategiche petrolifere da parte dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), nella giornata di giovedì 23, come una sorta di “figlio” del QE2, nel tentativo di tenere sotto controllo le pressioni sui prezzi indotte dalle materie prime, e stimolare in tal modo nel breve periodo i consumatori, soprattutto americani. Anche se lo stato molto debole dei mercati del lavoro e di quelli azionari non consentono di indulgere ad eccessivi ottimismi, da questo versante.

Nel reddito fisso, rendimenti a nuovi minimi dell’anno, sulla scorta di deboli dati macro e nuovi allargamenti degli spread periferici, che hanno toccato nuovi massimi storici non solo per Portogallo ed Irlanda, come prevedibile, ma anche per Italia e Spagna. Le prossime tappe prevedono l’approvazione del pacchetto fiscale da parte del parlamento greco (28 giugno), l’approvazione da parte Ue del prossimo pagamento alla Grecia, il 3 luglio, ed i dettagli della partecipazione dei privati al rinnovo del debito greco, nelle prossime settimane. Vi sono due rischi maggiori allo scenario: che il nuovo pacchetto di austerità, che include tagli alle retribuzioni pubbliche e aumenti d’imposta, venga annullato da proteste e ulteriori crolli della crescita; inoltre, che la riduzione del rischio degli investitori, attuata per proteggersi da un incidente di percorso, destabilizzi ulteriormente i periferici, che come noto sono ormai cinque paesi e non tre. Circostanza già evidente negli swap spread decennali, ai messimi da due anni, e nel ridotto flusso di emissioni bancarie, malgrado altri indicatori di rischio sistemico (quali gli spread di mercato monetario) non segnalino ancora condizioni di rilevante stress.

I mercati azionari sembrano trovarsi in un corridoio caratterizzato da volatilità piuttosto elevata. Gli indici di sopresa economica restano in territorio negativo.

Gli spread di credito si sono ulteriormente allargati, con il danno maggiore ancora una volta nell’ambito degli high yield, che stanno sperimentando deflussi vistosi dai fondi statunitensi. Ciò accade verosimilmente perché per molto tempo questa asset class è stata la preferita da investitori che non vedevano molto potenziale rialzista nella congiuntura e/o cercavano di fuggire da rendimenti storicamente molto bassi e che ora intendono proteggersi dall’accresciuto rischio di esiti sfavorevoli sulla congiuntura.

Sul mercato dei cambi, ci si interroga sulle ricadute di una ristrutturazione greca che appare ormai certa. Da inizio maggio, quando le voci sul default hanno cominciato ad intensificarsi, il cambio euro-dollaro ha ceduto il 4 per cento circa, ma la volatilità è rimasta piuttosto stabile. I problemi fiscali americani hanno limitato il calo dell’euro, ma gli effetti complessivamente limitati sul cambio inducono a riflettere sull’evento di default della Grecia e sui suoi esiti, più o meno ordinati. Il cambio euro-franco svizzero appare ancora una volta come la copertura di elezione contro volatilità ed eventi avversi.

Un’altra settimana di forti correzioni per le materie prime, guidate al ribasso dal greggio dopo la notizia dell’intervento della IEA. Il rilascio di 60 milioni di barili di riserve strategiche, ancora indeterminato per prezzi e tempistica, dovrebbe spingere l’offerta ben al di sopra della domanda attesa nel terzo trimestre e frenare quindi i prezzi, oltre a spingere la curva futures in contango rispetto all’attuale ed anomala backwardation. Le forze rialziste restano però tutte in essere, nel medio-lungo termine.

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