Siamo forse alla parola fine sulla manovra di consolidamento della finanza pubblica italiana che verrà insegnata nelle scuole alle prossime generazioni, sempre ammesso di avere sia scuole che prossime generazioni. Dopo l’angosciato ed angosciante richiamo di ieri di Giorgio Napolitano, un clamoroso ceffone ad un esecutivo di saltimbanchi privi anche della dignità di accorgersi quando vengono presi a ceffoni.
Dopo il richiamo di Napolitano, si diceva, che qualche scimunito finirà nei prossimi giorni con l’interpretare come “una intollerabile deriva verso una repubblica presidenziale” o “l’esautoramento della sovranità popolare” (o frasi equivalenti), il governo si è mosso per “rassicurare i mercati”. Siamo quindi tornati ad un aumento Iva sull’aliquota maggiore, con opzione (quasi certa, come spiegheremo tra poco) per aumentare anche le altre due e ad una soluzione “francese”, un contributo del 3 per cento sui redditi eccedenti i 500.000 300.000 euro lordi annui, misura che frutterà pochi spiccioli ma che servirà a Bossi e Berlusconi per dire che i ricchi piangeranno e a Tremonti per andare ai convegni intonando la Marsigliese, simbolo di un paese che su di lui ha sempre esercitato una grande fascinazione. Ah si, e una “accelerazione” sull’innalzamento dell’età pensionabile femminile: primo gradino dal 2014, praticamente domani. Alla fine, abbiamo sbagliato la previsione per tre soli giorni, non è malaccio.
Saranno ordunque “rassicurati”, i mercati, da siffatta manovra? No. Semplicemente, questa aggiunta servirà a compensare il buco di gettito derivante da misure evanescenti come la lotta all’evasione. Ma soprattutto, servirà a tutelare i saldi dal deterioramento delle previsioni di crescita, che solo ieri il governo italiano ha ammesso ed accettato ed oggi ha incorporato nella manovra, buco aggiuntivo da non-crescita incluso.
Attendetevi quindi un aumento anche delle altre due aliquote Iva, quella del 4 e quella del 10 per cento. Magari la prima rigorosamente “a termine”, essendo riferita a beni di ridotto valore unitario e prima necessità, il cui acquisto non può essere rinviato, a differenza dei beni colpiti dalle altre due aliquote, soprattutto di quella maggiore. Così, giusto per mostrarsi magnanimi verso i ceti popolari.
Per ora, sappiamo che l’unica fiducia che vedremo sui mercati, nei prossimi giorni, sarà il voto delle camere per blindare la manovra. Altra certezza incontrovertibile è che ci troviamo di fronte ad un gruppo di quelli che sono ormai abbonati ad un hashtag di Twitter che abbiamo (modestamente) lanciato da qualche settimana a questa parte. Avvertite Gramellini, a futura memoria.