I risparmi derivanti dalla procedura di spending review potranno essere utilizzati solo per “rimandare” l’aumento dell’Iva dal 21 al 23% previsto per settembre. Lo ha indicato il viceministro all’Economia, Vittorio Grilli, parlando a Stoccolma, secondo quanto riferisce l’agenzia Bloomberg. I tempi sono maturi per una presa di posizione del premier.
E’ vero che non bisogna vendere né fumo (a meno che sia di buona qualità) né speranze a buon mercato, ma questa continua insistenza di Grilli sulla assoluta ineluttabilità dell’aumento Iva ha ormai assunto precise valenze politiche. E’ evidente che Grilli conosce l’evouzione dei saldi di cassa rispetto alle ipotesi con cui è stato costruito il Salva-Italia, ma qui non stiamo parlando di un orizzonte temporale ravvicinato, bensì stiamo già traguardando il 2013. E’ immaginabile che i modelli econometrici, oggi, indichino qualcosa di molto simile ad un disastro, visto dove si trova attualmente l’economia italiana. Ma affermare quello che oggi Grilli afferma vuol dire scontare una completa assenza di evoluzione congiunturale rispetto all’inerzia (il che è quantomeno frettoloso) o forse, rappresenta una voce dal sen fuggita di quanto il gettito stia effettivamente crollando, al momento.
Di certo, queste considerazioni non possono più restare confinate all’ambito, pur massimamente tecnico, di via XX Settembre. Il premier Monti farebbe bene a prendere la parola e parlare di prospettive e, soprattutto scenari. Perché noi sappiamo che in questo momento sta accadendo qualcosa di molto spiacevole al gettito, ma sarebbe utile che si producesse un dibattito a livello di comunità nazionale, anche per evitare che poi la politica cada come al solito dal pero, mettendosi alla guida di rivolte fiscali tanto posticce quanto odiose, perché frutto di strumentalizzazioni del disagio dei contribuenti.
Se Monti ama, come ama, la trasparenza, colga l’occasione e sia conseguente, evitando di comportarsi come se avesse di fronte dei bambini da blandire.