Pagamenti pubblici arretrati, partire restando fermi

C’è una densa nebbia, sulla decisione della Commissione europea di dare il via libera, in linea di principio, alla esclusione dei debiti commerciali della P.A. italiana verso le imprese dal computo di deficit e debito, cioè di scontare tali pagamenti ai fini della vigilanza europea sui conti pubblici. Il principio è ineccepibile ma la sua declinazione operativa resta indeterminata, la fretta di qualche politico italiano da esportazione a mettere il proprio cappello sull’operazione (o a levare quello altrui) è ridicola, se non ci fosse da piangere, e anche l’eventuale buon fine integrale dell’operazione servirebbe soprattutto a non fare precipitare la situazione. Che sarà pure un miglioramento, ma non propriamente del tipo sperato.

Al momento si sa unicamente che la Ue ha invitato il governo italiano a predisporre un “piano di smaltimento” del pregresso, su un arco temporale di un biennio, e che i crediti delle imprese verso il settore pubblico potrebbero essere considerati, non è chiaro se del tutto o in parte, come “elementi attenuanti” ai fini del rispetto del patto di stabilità, sapendo che la liquidazione dei crediti commerciali pregressi si tradurrebbe in un aumento del debito pubblico e, per la sola parte relativa a spesa per investimenti, avrebbe un impatto anche sul deficit.

Fin qui il principio, che sarà verosimilmente integrato col rispetto del pareggio di bilancio su base strutturale, al netto delle voci di cui sopra, che verrebbero di fatto espunte dal calcolo delle metriche rilevanti per deficit e debito. E ci siamo. Il dettaglio che ci saremmo volentieri risparmiato è il teatrino del commissario Ue all’Industria, Antonio Tajani, che ci tiene a far sapere che questa potenziale “agevolazione” per il nostro paese non deriva da iniziative del premier Mario Monti in seno al Consiglio europeo bensì da una sorta di motu proprio della Commissione. Magari sarà anche vero, ma Tajani dovrebbe ricordare che questo aiuto all’Italia deriva dal fatto che il nostro paese ha raggiunto in perfetto orario il pareggio di bilancio su base strutturale (praticamente unico in Eurozona), e questo è un risultato ottenuto dal governo Monti, piaccia o meno, sia pur con non lievi errori di percorso. Senza questo pareggio di bilancio strutturale ora Tajani non sarebbe qui a fare la ruota e ad esprimere una sorta di compiaciuto orgoglio per l’autonomia (presunta) della Commissione dal Consiglio. Ma transeat.

Quanto alle problematiche operative, in casa nostra ne abbiamo una molto robusta: l’assenza di un governo che possa dar seguito all'”invito” della Commissione Ue. Ecco un’ottima occasione per spiegare al professor Becchi cosa non è la prorogatio. Vi è poi un altro problema, a valle dell’avvenuta liquidazione di tali debiti commerciali della P.A. In un rilevante numero di casi tali introiti serviranno a rimborsare esposizioni bancarie, visto che ogni ritardato incasso rappresenta un’espansione del fabbisogno di capitale circolante, e come tale deve essere finanziato, o con mezzi interni all’impresa (autofinanziamento) o con ricorso al credito bancario. E poiché le banche, come noto, stanno riducendo il proprio rapporto prestiti-depositi, esiste una non piccola probabilità che tali crediti vengano immolati in quella direzione. Ovviamente, piuttosto che niente meglio piuttosto. Ma, tirando le somme, questi sacrosanti pagamenti è probabile finiscano a rallentare la progressione delle sofferenze bancarie, anziché alimentare la crescita.

Peraltro, questo soccorso europeo rischia di esaurire i margini di manovra per altre iniziative di allentamento dell’austerità, ad esempio l’introduzione di una sorta di “regola aurea” per esentare dal computo del deficit gli investimenti infrastrutturali pubblici, anche se resta da capire quale sarà l’effettivo allentamento del patto di stabilità, prima di dare una risposta definitiva. Di certo, non pare esserci margine alcuno per ottenere deroghe sul patto di stabilità per implementare proposte come quella del Ceo di Enel, Fulvio Conti, che ha chiesto che l’avanzo primario italiano (quest’anno pari a circa il 3 per cento del Pil) venga almeno in parte destinato a ridurre le tasse su imprese e famiglie. Così facendo, magari per ridurre il terribile cuneo fiscale che ci sta uccidendo, finiremmo con l’avere un deficit-Pil strutturale in crescita fino al 3 per cento: un po’ eccessivo, per i tempi che corrono.

In sintesi, la strada resta molto lunga ed accidentata ma (forse) siamo partiti. Pur restando quasi fermi.

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