Macromonitor – 2/6/2013

Il rialzo nei rendimento dei Treasury statunitensi continua a trasmettere onde sismiche sui mercati mondiali del reddito fisso. Anche le valute emergenti ad alto rendimento subiscono un vistoso indebolimento. Azionario e materie prime poco mossi in settimana.

La correzione in atto sui mercati riflette un ridimensionamento o neutralizzazione delle posizioni per la possibilità che la Fed possa iniziare in anticipo a ridurre gli acquisti legati al terzo episodio di easing quantitativo. Il movimento è iniziato sui mercati più liquidi, che per definizione sono quelli dove è possibile spostare fondi senza muovere eccessivamente i prezzi, almeno inizialmente. In settimana, tuttavia, il movimento si è esteso anche agli attivi meno liquidi, come i mercati del credito a più alto rendimento e le valute emergenti. Al momento, tuttavia, le previsioni non suggeriscono alcuna significativa revisione al rialzo della crescita globale o dell’inflazione, ed anzi le previsioni correnti di consenso sono inferiori a quelle di inizio anno. Ipotizzando che l’inizio della riduzione degli acquisti della Fed possa posizionarsi tra settembre e dicembre, molto dipenderà anche dai dati di Pil del secondo e terzo trimestre, ed al momento il dato del secondo trimestre del Pil statunitense evidenzia rischi al ribasso, non al rialzo.

Quindi al momento non appaiono esservi motivazioni fondamentali sufficientemente robuste per ipotizzare la fine imminente dell’espansione non convenzionale della Fed. Tuttavia, è opportuno essere consapevoli che, anche in assenza di fondamentali, i mercati tendono a produrre profezie che si autoavverano, e quindi ad influire sui fondamentali, modificandoli. Ma un ulteriore aumento dei rendimenti obbligazionari, in assenza di crescita e di inflazione, potrebbe indurre un rallentamento della crescita e spingere le banche centrali a proseguire o estendere gli acquisti, anziché accelerarne la fine.

Sul mercato dei titoli di stato, i Treasury statunitensi segnano in maggio il terzo peggior risultato mensile degli ultimi vent’anni. Ma in settimana hanno visibilmente sofferto anche le obbligazioni dei paesi emergenti. I sondaggi sul posizionamento degli investitori mostrano una riduzione della durata finanziaria di portafoglio sui livelli minimi del corridoio dell’ultimo anno. Questo dovrebbe contribuire a togliere carburante ai ribassi di prezzo delle obbligazioni, anche se negli Stati Uniti vi sono evidenze di deflussi netti dai fondi obbligazionari, il cui andamento di sottoscrizioni e riscatti segue quello di mercato in modo pro-ciclico.

Sui mercati azionari, i timori di inizio anticipato della fine dell’easing quantitativo colpiscono negativamente le posizioni divenute affollate, come quella rialzista sull’azionario giapponese o sui titoli difensivi. Quest’ultima tipologia di azioni, ad esempio, soffre per gli alleggerimenti di posizioni divenute popolari negli ultimi mesi, come quelle su azioni ad alto dividendo, che poi sono quelle più simili all’obbligazionario.

Sui mercati delle obbligazioni a spread, anche questa settimana è proseguito l’allargamento, con volatilità in aumento, che ha colpito soprattutto gli indici obbligazionari emergenti, i cui spread sono tornati al livello di inizio anno.

Sul mercato dei cambi, la possibilità che la Fed inizi a rimuovere a breve lo stimolo dei propri acquisti e l’incertezza sulla direzione dei rendimenti dei titoli di stato giapponesi hanno causato un aumento di volatilità del cross dollaro-yen ed una eliminazione di posizioni lunghe su valute emergenti ad alto rendimento, sulle quali si erano concentrati gli acquisti obbligazionari degli investitori globali. Nell’attuale contesto di aumento di volatilità, alcune situazioni a rischio sono quelle relative alle valute di paesi i cui titoli di stato hanno una elevata concentrazione di investitori esteri ed ampi deficit delle partite correnti. Primo tra tutti il rand sudafricano, che sta subendo una forte pressione ribassista. In subordine, per motivi simili ma non identici, può essere utile monitorare l’andamento del dollaro australiano.

In settimana, materie prime pressoché invariate, con rafforzamento di metalli ed agricoltura e ribassi per l’energia.

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