Mi segnalano la replica notturna del sottosegretario all’Economia a questo post. Replica non particolarmente strutturata né robusta, ma per spirito natalizio vedremo di analizzarla in dettaglio.
Pare che per Enrico Zanetti il punto del contendere debba essere l’ammissione che la pressione fiscale nel 2014 è finalmente diminuita, grazie alla riclassificazione del bonus degli 80 euro come minori entrate e non come maggiore spesa pubblica. Ho fatto quella riclassificazione per evidenziare ben altro e pensavo di essere riuscito a dimostrare la tesi, ma evidentemente sono sempre troppo ottimista. Il mio punto è che la Stabilità 2015 non riduce le tasse sul 2014, mentre la pressione fiscale è (forse) scesa frazionalmente quest’anno. Pare che a Zanetti questo non basti, visto quello che scrive:
1) meglio tardi che mai riconoscere che questo governo ha ridotto la pressione fiscale dal 43,3 che ha trovato sul 2013 al 42,9 del 2014 e al 42,8 del 2015;
2) discretamente penoso fingere di dimenticare che l’intervento IRPEF sul 2014 era una tantum e pertanto, senza questa legge di stabilità, sul 2015 si tornava al 43,3, mentre con la legge di stabilità si è scesi (non più una tantum, ma a regime) a 42,8.
Conclusioni del sottoscritto: se dico che la nostra legge di stabilità ha ridotto la pressione fiscale dal 43,3 al 42,8 (e vorrei ricordare che dal 2008 al 2011 dei mitici Berlusconi e Lega oscillava tra il 42,6 e il 42,7) non sono il ripetitore acritico di nessuno, bensì uno che cerca di dire le cose con obiettività, esattamente come quando “autocritico” cose che oggettivamente non vanno tipo il regime dei minimi.
Per essere altrettanto analitici, ecco alcune considerazioni:
1) Il dato 2014 è, come ho scritto alla nausea, una stima. Il Def è stato scritto con uno scenario ottimistico di crescita del Pil nominale, cioè della risultante di Pil reale e deflatore del Pil. A consuntivo, tra pochi mesi, vedremo se è calato di più il Pil nominale o il gettito fiscale e contributivo. Mai dire gatto, eccetera;
2) Zanetti ci tiene che si dica che “il governo ha ridotto la pressione fiscale nel 2014”. Ammesso che ciò sia vero anche a consuntivo (vedi punto qui sopra), questo significa che il meglio è alle nostre spalle e che la misura epocale di riduzione delle tasse non ha prodotto alcunché. Oppure vogliamo dire che gli effetti espansivi arriveranno, come abbiamo tentato di fare per mesi per il bizzarro bonus da 80 euro? Chissà, magari ora che il bonus è stabilizzato i suoi percettori cominceranno a spenderlo, no? Sperare è ancora esentasse: non so per quanto, però;
3) Discretamente patetico entusiasmarsi per il fatto che, senza la Stabilità 2015, “si tornava al 43,3, mentre con la legge di Stabilità si è scesi (non più una tantum, ma a regime) al 42,8”. Capisco avere una formazione rigorosamente contabile ma servirebbe anche valutare gli effetti distorsivi dei provvedimenti adottati, oltre alla loro reale efficacia, non solo il numeretto previsionale. Se a Zanetti va bene avere inchiodato il bilancio pubblico di un paese in depressione ad un importo di dieci miliardi costruito senza costrutto alcuno in termini di impatto sulla crescita, e se lo stesso Zanetti ha deciso che è cosa buona e giusta aver massacrato di tasse il risparmio, incluso quello previdenziale (complementare ed obbligatorio) e messo una tassa sullo stato di necessità di quanti preleveranno il proprio Tfr, malgrado le reiterate promesse del contrario, chi siamo noi per attentare alla sua soddisfazione?
4) Poi, essere stato spettatore impotente (certamente non complice) di supreme porcate come la demolizione del regime dei minimi e la conferma della patrimoniale sui beni strumentali d’impresa, permetterà a Zanetti di dirsi emulo di De Coubertin ma la sostanza non cambia di una virgola, visto che egli si compiace del calo (stimato e sperato) della pressione fiscale, oltre che delle famose promesse di modifiche del premier. Sarebbe però opportuno ricordargli che i cali d’imposta veri sono quelli che innescano incentivi positivi e virtuosi, non quelli contabili frutto di manovre distorsive e controproducenti. Quelli li facevano Berlusconi e Tremonti, e sappiamo come è finita.
Quello di Zanetti è l’eterno dilemma di chi si trova in una compagine ministeriale senza aver alcun peso: resistere sperando di cambiare le cose, e finire a fare la suppellettile, oppure prendere atto che la propria azione ha fallito, e dissociarsi dal naufragio. Pare che Zanetti ritenga di poter concorrere a modificare e razionalizzare la politica fiscale demenziale e nociva di questo governo, e noi lo speriamo con lui e per lui, anche se finora è accaduto il contrario. Ma il rischio di trovarsi a difendere l’indifendibile è altissimo. Poi, è sua facoltà prendersela con le critiche di un semplice cittadino-elettore-contribuente ma i bersagli veri dovrebbero essere altri. Viva il calo delle tasse e le illusioni ottiche, e auguri a tutti. Ne abbiamo bisogno.