Sul Corriere un articolo di Stefano Righi getta una luce sinistra sul panglossiano ottimismo che ha accolto il piano di “salvataggio” di MPS e conferma lo scetticismo di chi, come il vostro titolare, ha evidenziato la presenza di troppe “parti mobili” che devono andare al posto loro assegnato, prima di poter brindare allo scampato pericolo ed innalzare il “modello Montepaschi” agli onori del chiacchiericcio politico. Solo un personaggio, impavido, prosegue nella sua tecnica di televendita di ipotesi come fossero fatti compiuti, ma questo è problema secondario, al momento.
Scrive oggi Righi, riguardo alle 12 mila posizioni in sofferenza (numero molto elevato, che richiederà approfondite analisi della quantificazione del margine di recupero del credito):
«Non ci sono evidenze — sottolinea chi ha potuto vedere i dossier — di casi truffaldini», come invece si è visto in alcune altre banche finite recentemente sotto la lente della magistratura. A Siena si rileva invece una clamorosa passata carenza nella fase di istruttoria dei crediti, sviste madornali nel momento della valutazione dei rischi, errate valutazioni del merito di credito. Prestiti che sono finiti a finanziare per la stragrande maggioranza famiglie e piccole attività imprenditoriali. La percentuale delle aziende di maggiore dimensione, le cosiddette corporate, è molto bassa
Se questa informazione è corretta, viene meno la campagna grillesca del “fuori i nomi dei debitori”, a cui ha di recente aderito rumorosamente anche il compagno governatore toscano, Enrico Rossi, con supremo sprezzo del pericolo, visto il partito a cui appartiene. A parte ciò, l’analisi delle posizioni in sofferenza sta venendo effettuata dagli specialisti di Fonspa, ma del pezzo ci colpisce questo passaggio:
«L’analisi delle posizioni è all’inizio: serviranno circa quattro mesi per arrivare a definire il contenuto dei dossier in sofferenza. Solo a novembre infatti si riuscirà ad avere una chiara fotografia dei cash flow che potranno essere generati»
Non avevamo dubbi che la situazione fosse complessa. Pensiamo altresì che Fonspa abbia iniziato da qualche tempo l’analisi delle sofferenze senesi ma la domanda ci torna spontanea: se la valutazione è così complessa ed incerta, mi dite chi diavolo ha determinato il tranching della cartolarizzazione, come fosse cosa già fatta? Chi ha stabilito che la porzione mezzanina starà a 1,5 miliardi, l’equity altrettanto e la senior all’importo monstre di 5-7 miliardi? Perché, se le cose non stessero in questi termini, l’intero giocattolo finirebbe a pezzi ancor prima di essere tolto dalla scatola e di aver letto le istruzioni di montaggio. Questa è la prima, enorme incognita sul percorso del “salvataggio”. E scusate se è poco.
Nel frattempo, dopo le frasi patriottiche della settimana scorsa, il presidente di Adepp ed Enpam, Alberto Oliveti (che è ai vertici della sua cassa professionale, quella dei medici, da un’era geologica), pesta con violenza il freno sulla partecipazione ad Atlante 2, e lo fa con argomentazioni che sono la più trasparente delle foglie di fico. Le parole di Oliveti sono citate oggi da Repubblica:
«Acquistando al 24% c’è un ragionevole margine, mentre comprando al 32 o al 33% i nostri tecnici ci dicono che non c’è possibilità di redditività»
Ben svegliato, dottor Oliveti! Lei però appare uno strano ibrido: dopo il patriottismo della settimana scorsa, oggi i calcoli da avvoltoio, anche se lei cade sull’uccello:
«Non vogliamo fare i falchi ma neanche i tordi»
Ornitologia a parte, narrano le cronache che Oliveti sia irritato perché il Tesoro rifiuterebbe le contropartite richieste dalle casse:
«Ci devono dire che siamo fondazioni di diritto privato che svolgono una funzione di interesse pubblico, poi il Mef ci deve dire che investire in fondi alternativi, e in particolare in Npl, è cosa auspicata nell’interesse collettivo. Infine deve essere garantita autonomia alla nostra autoregolamentazione»
Manca la richiesta di un trenino elettrico, ma forse è stata una svista. I giornali ci dicono che il Mef (cioè Padoan) non avrebbe intenzione di concedere alcunché. Se le cose stanno in questi termini, di che stiamo parlando? Ad ogni buon conto, e sempre se le cose stanno come si legge oggi, anche l’eventuale riduzione della fiscalità, dal 26 al 20%, non potrebbe incidere sui numeri che Oliveti ha dato. Lui vuole le sofferenze a 24, e nessuna defiscalizzazione permetterebbe di raggiungere quel numero. Sommando il preavviso di disimpegno di Enpam a quello di Inarcassa a quello probabile o già annunciato da altre casse, i 500 milioni dovranno essere reperiti altrove. Secondo ostacolo sul percorso di “salvataggio”.
Nel frattempo, i mercati martellano a sangue le banche europee, e confermano che quelle italiane sono il vaso di pastafrolla tra vasi di coccio. Appare sempre più evidente che il problema delle banche (soprattutto europee) è la redditività, non più il capitale. Questa è una presa di coscienza fondamentale: i tassi negativi stanno erodendo il modello di business di banche ed assicurazioni. Le ricapitalizzazioni riportano i multipli azionari a livelli temporaneamente più elevati solo per permettere ai mercati di abbatterli nuovamente. Questa sarà una poderosa emicrania, da qui in avanti.
Fortunatamente il nostro premier ha già scontato il lieto fine, e lo comunica al mondo attraverso l’intervista a CNBC, informandoci che “per la prima volta abbiamo eliminato il problema dei crediti non performanti di MPS”, “perché il fondo Atlante ha ripulito il bilancio della banca. Insomma, siamo al termine di questa vicenda”. Quanta fretta ma dove corri, dove vai? Urge che qualcuno traduca a Renzi la frase “It ain’t over ‘till it’s over“.
Addendum – Niente trenino, quindi Adepp intona la celebre canzone di Mina: non gioco più, me ne vado.