Fornero, gli austeri e l’opposizione alla logica

Poiché il tempo è galantuomo, persino in Italia, la professoressa Elsa Fornero da qualche anno si sta togliendo dalle scarpe una quantità di sassolini che la costringerà a chiedere una concessione mineraria. Dopo aver assistito ogni anno, tra il divertito e lo sconsolato, alle craniate leghiste contro il muro della realtà sulle pensioni, ora l’ex ministra del governo Monti accoglie Giorgia Meloni nel tempio degli austeri, con un commento di composta ironia sabauda, apparso su La Stampa del 21 ottobre.

Come si cambia

Arrivare nella stanza dei bottoni e scoprire che i bottoni sono finti e che c’è solo un modo per evitare di subire punizioni durissime da parte di chi compra il nostro debito, cioè renderlo sostenibile, deve essere un’esperienza molto formativa. Di certo lo è stata per Giorgia Meloni, che è passata dal berciare in splendida solitudine all’opposizione, motivo per il quale il suo partito si è gonfiato dall’irrilevanza al primato elettorale, a essere oggi l’adulta nella stanza di una coalizione che non riforma alcunché ma vive di microinterventi al margine, conditi con proclami epocali rilanciati dalla sua agguerrita batteria di social media manager e complementari trombettieri da tastiera.

E Fornero, inesorabile, lo fa osservare:

Ora che però sono in ballo – perché chiamati dagli elettori a governare il Paese – l’unica musica che sanno ballare è il «lento», il «prudente», la distribuzione «saggia» di ciò che è disponibile. Quanta acqua è passata sotto i ponti, quante bugie, pur sommerse dalla propaganda, sono state platealmente contraddette dalla realtà. E dobbiamo pure ringraziarli (o almeno dobbiamo ringraziare l’attuale ministro dell’Economia) perché, se non fosse così (cioè se il bilancio fosse stato scritto dall’ala più populista del governo), saremmo presto in balia di chi, dovendo valutare di prestarci dei soldi, potrebbe tornare a considerarci «Paese rischioso» e a domandare perciò un tasso di interesse più elevato di quello che i mercati finanziari – che poco hanno a cuore l’incoerenza di chi governa – oggi pretendono.

Abbiamo sottoscritto dei vincoli, col nuovo patto di stabilità, che tuttavia viene sospeso e derogato a giorni alterni, circostanza di cui parlerò a breve. La gemella buona, oppure austera, oppure realista, della Meloni berciante contro le accise, l’Europa e tutti i vincoli di realtà contro ‘aaa nazzzione, oggi si accinge a mandare alle camere la sua quarta legge di bilancio. Che, come osserva Fornero, è poca cosa, visto che vale poco più di 18 miliardi. Eppure, anche con questa dimensione da svogliato sunto scolastico, consta di ben 137 articoli. Perché le corporazioni vogliono la loro parte, e ognuna tira dalla propria parte una coperta corta e lacera.

Qui non si fa la storia

Le misure “qualificanti” non finiranno nei libri di storia. Il taglio di due punti allo scaglione Irpef sino a 50 mila euro, quello dove vive il ceto del dito medio, è una frazione di quanto perso in questi anni, da quel plutocratico reddito in su, a causa del fiscal drag. Dal versante delle coperture, c’è il prelievo a banche e assicurazioni. Che in parte è strutturale, perché aumenta l’Irap, ma in parte è aleatorio perché dipenderà dalla volontà degli interessati di distribuire la riserva creata un paio di anni addietro in occasione del teatrino dell’assurdo della tassa sugli extraprofitti, rapidamente abortita.

Fortunatamente, le nostre banche sono ormai molto patrimonializzate, anche grazie alla messe di utili degli ultimi anni. Perché altrimenti vedere un governo che le spinge, in modo più o meno gentile, a distribuire riserve per produrre gettito avrebbe causato ben altre reazioni, sui mercati. Come ho scritto, se le banche fanno soldi grazie a crediti garantiti dallo stato, il governo pro tempore troverà giustificazione alla tassazione aggiuntiva.

Parliamo del patto di stabilità, più spento che acceso. Qualcuno potrebbe obiettare che è inutile che noi italiani lo rispettiamo, visto quello che (non) fanno i francesi, ad esempio. La risposta è che non si deve rispettare quel patto ma la disciplina di mercato, che è quella che ci consente di emettere ogni due settimane carrettate di debito. Certo, nessun paese è una monade: se, ad un certo momento, i paesi dell’Eurozona si mettono a vivere di deficit e i “vincoli europei” non valgono più, gli investitori potrebbero chiedersi quanto vale esattamente la moneta unica. E sarebbero dolori seri, per austeri e scialacquatori.

Tornando al cortile di casa, ci si potrebbe chiedere come mai l’elettorato di questa coalizione di maggioranza mantenga la fiducia in essa. Forse perché si guarda intorno e osserva quella che forse è la peggiore coalizione di opposizione da molti anni a questa parte, e di conseguenza applica il principio del danno minore e del contenimento del medesimo. Nei giorni scorsi, dando fondo ad argomentazioni che un tempo si sarebbero definite “grilline” e oggi possiamo serenamente chiamare “contiane” (involuzione della specie), la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, ha invitato Meloni a dire “perché si andrà in pensione più tardi”.

Credo, ma posso sbagliarmi, che si andrà in pensione più tardi per le previsioni di una norma che punta a tenere in equilibrio attuariale il sistema previdenziale. Una norma che forse c’entra con Fornero medesima. Peraltro, il governo Meloni riesce a immolare oltre tre miliardi in tre anni per esonerare alcune categorie “usurate” dal trattenersi al lavoro per ben tre mesi in più. Forse Elsa Fornero poteva commentare la frase di Schlein e assimilarla a quel populismo della ex opposizione divenuta maggioranza che oggi giustamente si diverte a sbertucciare.

Qualcuno ha obiettato che la frase di Schlein era rivolta alla maggioranza e ai suoi elettori, che hanno rimosso i proclami sulla cancellazione della legge Fornero. Possibile. A me pareva invece fosse rivolta a tutti gli elettori ma, se così non fosse, chi l’ha pronunciata si chieda perché gli elettori del centrodestra soffrono di amnesie selettive, possibilmente senza arrivare a definirli tonti. La mia risposta? O forse scopriremo che Schlein ha talmente a cuore gli elettori del centrodestra, soprattutto leghisti, da candidarsi ad esaudire i loro desideri pensionistici.

Tu sei Giorgia, e ti tirano le pietre

Come che sia, a me pare si possa affermare che gli elettori soffrono di amnesie selettive perché si trovano di fronte questa opposizione. La maggior parte dell’elettorato, anche per questi teatrini, scorda la strada dei seggi elettorali, pensate.

Opposizione che proprio ha una faida in corso col principio di non contraddizione. Prendiamo il “caso” del video propagandistico di una invasata MAGA, rilanciato da Trump, secondo cui Meloni starebbe accingendosi a “correre da sola” sui dazi, rompendo la disciplina europea e violando le prerogative esclusive della Commissione di Bruxelles. Scandalo: l’opposizione inizia a dimenarsi sdegnata, a chiedere conto, a intimare a Meloni di “venire in aula” e altre amenità del genere. In sottofondo, si sente l’immortale grido di Gino Cervi-Peppone in aula, giaculatoria apotropaica di un’opposizione in pappa.

Ora, io ho il sospetto che il governo italiano si stia muovendo semplicemente per scongiurare il maxi dazio sulla nostra pasta, e anche qui coordinandosi con Bruxelles, e non vedo lo scandalo né l’eversione delle prerogative europee. Ma questa opposizione è la stessa che, dopo aver gridato all’euro-eversione meloniana, rilancia la notizia secondo cui le nostre imprese perderebbero oltre 16 miliardi di fatturato causa dazi. Ma quei dazi sono stati imposti sulla Ue, non sull’Italia. Forse questo vuol dire che Meloni dovrebbe “fare qualcosa” tipo andare da sola a trattare con Trump per ridurre il danno a nostro carico? L’opposizione, soprattutto alla logica. Il sole sorge ad est, Meloni incapace, si vergogni! Cortigiana solare, nel senso di sòla.

Quindi, sì, ha ragione Elsa Fornero, come spesso le accade. Questo governo produce morticini seriali e la premier è diventata docile scolaretta della realtà. Ma questa opposizione è la migliore polizza sulla vita di questa maggioranza. So di scrivere una banalità assoluta, ma le banalità sono quelle col fondo di realtà più robusto.

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