Scrive Giampaolo Pansa sull’Espresso:
Esiste in Italia un giornale disposto a pagare tanto (100.000 euro, ndPh.) per tre foto destinate a finire in cassaforte? Penso di no, ma non si può escluderlo a priori. (Quel giornale esiste, è Oggi del gruppo RCS, il salotto buono della finanza di centrosinistra, ndPh.). Un’altra domanda: è possibile che un direttore acquisti delle immagini così pericolose per il portavoce del premier e non dica nulla all’interessato? Di nuovo penso di no. Ma qui siamo nel campo delle ipotesi. Un’ipotesi verosimile è che il direttore di Oggi abbia informato Sircana. E lo abbia anche tranquillizzato: adesso le foto sono nostre e rimarranno al sicuro. Però Belleri dice: «Non ho mai avvertito Sircana». Ha avvertito qualcun altro?
[..] Sircana non è un signore qualunque: è un deputato, è il portavoce del premier, è un politico importante. Potrebbe tagliare la testa al toro e raccontare l’imprudenza di quella sera romana. Ma non lo fa. Rimane in un limbo: non ammette e non nega. Poi dirà: «Il mio commento a questa vicenda è il mio silenzio».
I conti, per Sircana, si sono fatti pesanti. C’è chi ride, o chi si dispera, per la sua mancanza totale di cautela. Avrebbe dovuto sapere che uno con il suo ruolo è spiato da tutte le parti. E che è un boccone grosso per qualsiasi fotoreporter in cerca di scoop. Tanto più se esistono bande di ricattatori pronti a succhiare il sangue ai politici nei guai. Le dimissioni possono essere un prezzo molto alto. Ma immagino che Sircana sappia che il suo ciclo di portavoce del premier si sta chiudendo.
Nel frattempo, al Palazzo di Giustizia di Potenza volano gli stracci, che arrivano fino ai piani alti del Csm.
Gip che negano sdegnati di essere i passacarte dei piemme, e giurano di trascorrere notti, giorni e ferie a studiare le tesi dell’accusa, prima dell’ineluttabile ratifica della richiesta dei pubblici ministeri, altro che poche ore di scrutinio! Evidentemente, a Potenza e nel resto d’Italia l’accusa possiede una tecnica così sopraffina da essere incontrovertibile. Una tecnica peraltro robustamente supportata dalla tecnologia, sotto forma di intercettazioni telefoniche, la nuova Dea della Giustizia sul cui altare vengono immolati denaro e privacy dei contribuenti: 6 milioni e 400 mila euro spesi in tre anni per intercettazioni telefoniche dai soli pubblici ministeri del capoluogo lucano: 7.500 euro al giorno, 109 anni di durata complessiva dei nastri. Ma anche un vero e proprio sport nazionale, per certa parte della magistratura: un reader’s digest di trascrizioni e verbali (più o meno secretati) era fino ad oggi fatalmente destinato a giungere sulle pagine dei giornali, di solito nella versione che nuoce gravemente a esponenti del centrodestra.
Ma questa volta apparentemente qualcosa è andato storto. Il Golem degli schizzi di liquame ha colpito nientemeno che il Portavoce Unico. Per proteggere il quale a poco è servito l’editto intimidatorio, con accluso tintinnio di manette, del Garante della Privacy (di quella del centrosinistra, s’intende).
Che accadrà ora? Persino lo statista sannita nel suo più riuscito travestimento (quello di Guardasigilli), dopo aver scritto una legge di controriforma dell’ordinamento giudiziario sotto dettatura della corporazione delle toghe, e dopo essere a sua volta rimasto impigliato nelle reti a strascico del sospetto, ora inizia a sentire puzza di zolfo, e intravvedere manine e manone, anche dentro le procure. Hai visto mai che la separazione delle carriere tra magistratura requirente e giudicante, pilastro garantista della terzietà del giudice, finirà col passare attraverso gli uffici stradali dei trans? Sarebbe il riconoscimento del ruolo autenticamente riformatore di tutte le Luxuria d’Italia.