Ortodossia della dilapidazione

Dunque, ricapitolando: il premier dice che eliminare lo scalone Maroni è cosa buona e giusta; che questo scalone rappresenta una flagrante violazione del principio di equità orizzontale, cioè dell’eguale trattamento degli eguali. Chi compirà 57 anni il prossimo 31 dicembre potrà andare in pensione dal giorno successivo. Chi compirà 57 anni a capodanno del 2008 dovrà attendere il primo gennaio 2011. In effetti, una vera e propria beffa del destino cinico e baro, non c’è che dire. Quante sono le vittime di questa nequizie? Secondo alcuni calcoli, nel 2008 saranno poco meno di 130.000 le persone a cui lo scalone Maroni impedirà di andare in pensione. Tra esse, figurano 43.000 lavoratori autonomi, oltre ad alcune migliaia di pubblici dipendenti. Sempre a proposito di equità orizzontale, vi ricordate che accadde nel 1995, con la riforma Dini, sottoscritta dai sindacati? Chi, a quella data, aveva almeno 18 anni di contributi previdenziali, manteneva il ricco sistema retributivo. Gli altri passavano al contributivo. Una misura espressamente progettata per spostare sulle giovani generazioni di lavoratori i costi dell’aggiustamento previdenziale. Una misura che riguardava alcuni milioni di persone, non 130.000, e che avrebbe dovuto essere gestita con l’introduzione del metodo contributivo pro-rata, anziché con la netta separazione tra sommersi (i giovani) e salvati (la base dei tesserati sindacali). Ora, il ministro del lavoro del governo Prodi, Cesare Damiano, ha proposto una sbracatura, pardon un compromesso al ribasso, in cui si fissa dal primo gennaio 2008 a 58 anni l’età minima di pensionamento per anzianità, e si introduce un bel triennio di “sperimentazione”, per vedere come evolve la spesa.

E come diavolo volete che evolva, di grazia? Dovremo trovare alcuni miliardi di euro annui per colmare le voragini che si apriranno nei conti pubblici. E come farlo? Per Prodi, e non solo per lui, i risparmi verranno dalle sinergie frutto dell’accorpamento degli enti previdenziali in quello che viene definito il super-Inps. Peccato che i sistemi informativi degli istituti siano differenti, e la loro armonizzazione richiederà tempo e, soprattutto, denaro. Dei contribuenti. Inoltre, la creazione del super-Inps produrrebbe risparmi soprattutto dal versante del costo del lavoro, visto che si stimano ben 7000 esuberi. Voi credete che queste persone saranno licenziate per materializzare i risparmi necessari per finanziare l’eliminazione dello scalone?

Nel frattempo, Padoa Schioppa riesce a prendersela con l’Unione Europea, rea di aver suggerito di destinare tutto l’extragettito ed i risparmi possibili alla riduzione del deficit. In un rigurgito tremontiano, TPS s’inalbera contro gli “ultrà” dell’ortodossia fiscale di Bruxelles, lui che certamente di ultrà se ne intende, sedendo in consiglio dei ministri con estremisti comunisti di matrice sudamericana, oltre che di solido analfabetismo economico di stretta osservanza marxista. Eppure, lui dovrebbe sapere meglio di ogni altro che il bilancio pubblico deve muoversi in modalità anticiclica, cioè ridurre i deficit durante le espansioni ed ampliarli (non foss’altro che per effetto degli stabilizzatori automatici) durante i rallentamenti. In fondo, è l’unica lezione keynesiana che ci sentiamo di salvare. Inoltre, TPS dovrebbe ricordare che l’Italia è l’unico paese della Ue in cui il rapporto debito-pil non riesce ad innescare un trend chiaramente decrescente. No, TPS rinvia tutto al 2011, ultimo anno di legislatura. Anche qui, ci sentiamo di citare Keynes: di questo passo, per quell’anno saremo tutti morti.

Allora, tutto bene? Certo, la spesa sta debordando, come ammette candidamente il grande risanatore TPS. Gli incrementi, ha spiegato il responsabile del Tesoro, sono imputabili alla modifica dei ticket sanitari, al contratto del pubblico impiego e alla dinamica dei tassi di interesse. Fatta eccezione per la dinamica della spesa per interessi (che rappresenta il migliore spot a favore del calo dello stock di debito), gli altri sforamenti di spesa sono frutto di deliberate azioni di questo governo. I ticket sanitari sono stati introdotti con la Finanziaria, e poi sensibilmente depotenziati in primavera, nell’imminenza delle elezioni amministrative. Vecchio refrain del centrosinistra, accadde lo stesso alla vigilia delle elezioni del 2001. Riguardo il contratto del pubblico impiego, non era TPS a dire che il rinnovo era “rivoluzionario” e frutto di attente verifiche di compatibilità economica, nel quadro di un rilancio della produttività del settore pubblico, nuovo traino del paese? Valli a capire. Il deficit non si sta ampliando soltanto grazie al buon andamento del gettito fiscale, sorretto dalla decente congiuntura. In caso di rallentamento, i conti andranno rapidamente fuori controllo.

Che dire? In Dini we trust, attendendo che Capezzone privatizzi Ferrovie e carceri e riduca ogni anno dell’1 per cento la spesa pubblica, coadiuvato da Batman, che siederà alla scrivania che fu di Quintino Sella.

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