Euromediterranea

Un bon deal“, un buon affare. Così, in un patchwork anglo-francese, si è espresso Saïf Al-Islam, figlio del colonnello Gheddafi, in un lungo colloquio con i giornalisti di Le Monde, in cui ha ricostruito i retroscena della liberazione delle infermiere bulgare. Secondo Gheddafi Junior l’accordo sarebbe stato basato, oltre che sulla fornitura di tecnologia francese per la costruzione di un reattore nucleare a scopi civili, anche sull’intervento del governo britannico, che avrebbe consentito ad uno degli agenti segreti libici detenuti per l’attentato di Lockherbie al Jumbo Pan Am, in cui nel 1988 morirono 270 persone, di presentare per la seconda volta appello contro l’ergastolo a cui è stato condannato dalla giustizia scozzese.

Questa seconda parte dell’operazione per liberare le infermiere ed il medico palestinese naturalizzato bulgaro, detenuti per otto anni nelle carceri libiche sotto l’accusa di avere inoculato il virus dell’Aids a oltre 400 piccoli pazienti di un ospedale di Bengasi, sarebbe stata preparata da Tony Blair in occasione di uno dei suoi ultimi viaggi all’estero in qualità di primo ministro britannico, poco meno di un anno fa. Saïf Gheddafi, che non spiega la fonte degli oltre 400 milioni di dollari di indennizzi alle famiglie dei bimbi ammalati dice poi a Le Monde che la Francia avrebbe stretto con la Libia anche un accordo di cooperazione militare che prevede esercitazioni congiunte e la fornitura a Tripoli di missili anticarro francesi Milan, per un valore che il figlio del Colonnello stima in 100 milioni di euro, oltre ad un accordo di produzione e manutenzione di equipaggiamenti d’arma. Sarebbe il primo accordo di cooperazione militare dopo la levata dell’embargo, nel 2004, successiva al pagamento degli indennizzi libici per le stragi terroristiche di Lockherbie e del volo UTA (esploso nei cieli del Ciad nel 1989, 170 morti, tra i quali moltissimi francesi). Diciamo quindi che l’affaire delle infermiere bulgare rappresenta una sorta di baratto indennitario tra Libia, Francia e Regno Unito, nel migliore stile gheddafiano.

Il trentacinquenne figlio della “Guida” ha anche aggiunto, nel corso del colloquio con Le Monde, avvenuto in un lussuoso albergo di Nizza, che nel protocollo d’intesa originario tra Libia e Francia vi sarebbe anche stata una garanzia di difesa da parte di Parigi in caso di minaccia alla sicurezza nazionale di Tripoli. Se queste “rivelazioni” si dimostreranno autentiche (ma con la famiglia Gheddafi non si è mai certi di nulla), avremo l’ennesima conferma della persistenza di reti di negoziazione parallele a quelle ufficiali, svolte anch’esse ai massimi livelli, e che segnano la distanza tra proposizioni ad uso e consumo di elettorato e stampa ed azioni concrete di politica estera. Sembra la scoperta dell’acqua calda, ma per qualche politologo alle vongole di casa nostra sarà un brusco risveglio.

Né manca, nella dovizia di dettagli sulla vecchia-nuova strategia euromediterranea di Sarkozy, uno sberleffo libico agli ottusi italiani: per Gheddafi Jr., una centrale nucleare “non è essenziale per la Libia. Noi abbiamo gli idrocarburi. La decisione di dotarci di una centrale nucleare ci permetterà di esportare elettricità, soprattutto verso l’Italia“.

Cioè verso il paese che in Europa ha la maggior fame di elettricità, e che è stato costretto a rinunciare al nucleare per i diktat della propria arcaica sinistra rossoverde. Ma non temete, Pecoraro Scanio farà pattugliare il Canale di Sicilia: in caso di incidente nucleare, non un neutrone entrerà nello spazio aeronavale italiano. La nostra purezza ambientale ed ambientalista resterà incontaminata. Quanto la nostra reputazione di gonzi planetari, s’intende.

Aggiornamento del 2 agosto: Sarkozy arriva prima di Gheddafi Jr., e smentisce, come da copione e contratto.

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