Usi obbedir negoziando

Il governo ha dato il via libera all’acquisizione di Alitalia da parte di Air France-KLM. In caso abbiate poco tempo e/o voglia di leggere questo post fino al termine, vi anticipiamo che ne siamo lieti. Non vi erano ovviamente alternative, a meno di considerare esplicitamente il fallimento del vettore italiano, ma questo poco importa. Quello che appare disarmante è un passo del comunicato del consiglio dei ministri straordinario di ieri sera, nel quale il governo esplicita che

“(…) gli impegni assunti non saranno vincolanti nel caso in cui uno o più soggetti lancino un’offerta pubblica concorrente migliorativa e il ministero accetti tale offerta. Ciò al fine di tutelare i principi di trasparenza e non discriminazione previsti dalla normativa sulle privatizzazioni e in linea con la disciplina delle offerte pubbliche”

Monsieur De Lapalisse sarebbe stato un eccellente presidente del consiglio italiano. Qualcuno vuole lanciare un’Opa sul 49,9 per cento di Alitalia posseduto dal Tesoro italiano? Si faccia avanti ma si sbrighi, mancano solo tredici giorni alla deadline imposta da Air France, che solo pochi giorni fa aveva comunicato che avrebbe atteso il nuovo esecutivo italiano prima di finalizzare la propria offerta.

Ma che significa questa precisazione del consiglio dei ministri? Il governo italiano si genuflette davanti al brutale strumento capitalista dell’Opa, dopo aver perso un anno e mezzo in una “gara” per Alitalia in cui sono state dettagliate tali e tante condizioni da disincentivare un elevato numero di potenziali acquirenti. E ora, che ti escogitano Prodi e TPS? Il lip service ai sacri principi di “trasparenza e non discriminazione previsti dalla normativa bla bla bla”. Alitalia è stata valutata da Air France 139 milioni di euro. Ora, se domattina FlyNiki o altra compagnia presentasse un’offerta per 140 milioni di euro il governo italiano accetterebbe senza indagare il piano industriale? Parrebbe di sì, a voler omaggiare il “principio di non discriminazione previsto dalla normativa sulle privatizzazioni e in linea con la disciplina delle offerte pubbliche”. Ma allora perché, all’avvio della procedura di cessione, sono stati messi tutti quei paletti su “profili di interesse generale (livelli occupazionali, adeguata offerta dei servizi e copertura del territorio), oltre che, ovviamente, dei contenuti economici delle offerte e di una accurata analisi dei piani industriali che verranno presentati dai soggetti interessati al rilievo della quota di controllo di Alitalia” ? Non sarebbe bastato un bell’invito to whom it may concern a lanciare un’Opa? Mistero. E se domani FlyNiki offrisse più di Air France ma il governo rifiutasse, Prodi e TPS potrebbero essere denunciati per danno erariale? Ma non potremmo denunciarli lo stesso, per aver contribuito in modo determinante all’annichilimento del residuo valore economico di Alitalia? C’è solo da sperare che il governo trovi un soprassalto di dignità e negozi almeno la permanenza sul suolo italiano della sede di direzione effettiva di Alitalia, in modo da beneficiare i contribuenti italiani (l’unica forma di “italianità” di cui dovrebbe importare ai politici) del ritorno all’utile di Alitalia, che il piano industriale di AF-KLM fissa già nel 2010. Ma con una posizione negoziale così drammaticamente depauperata dall’inettitudine di questo governo, è meglio non nutrire eccessive speranze.

La verità è che si è buttato via un anno e mezzo, durante il quale Alitalia ha continuato a bruciare cassa come un altoforno, mentre politici e sindacalisti discettavano amabilmente di “italianità” e si commuovevano alla vista del tricolore sulla livrea degli aerei. Nel frattempo, l’inesorabile time decay ha fatto il gioco di Air France, e il danno dei contribuenti italiani. Eppure, ancora ieri, le agenzie erano un florilegio di dichiarazioni indignate sulla “svendita” al nostro “principale concorrente” (di che?), sulla “umiliazione”, sull'”onta” che nessuna finale dei mondiali di calcio potrà lavare. Ancora ieri si distinguevano le analisi semantiche dei ministri Bianchi e Damiano: se è un negoziato potremo dire la nostra, sennò che negoziato è? Sono fantastici, questi politici e questi sindacalisti (che poi spesso sono la stessa cosa): dilapidano il denaro dei contribuenti, giocano con le vite dei lavoratori, illudendoli, e poi quando suona la fine della ricreazione tornano diligentemente in classe. Ci sarebbe da prenderli a calci in culo, se questo fosse un paese normale.

Sapete cosa possiamo fare, per consolarci? Una bella tavola rotonda sui guasti della globalizzazione, su quanto era bello quando sulla Magliana (e sull’Iri) piovevano migliaia di miliardi del vecchio conio di fondi pubblici. Ma torneremo a quell’età dell’oro, magari con una bella “Banca per il Mezzogiorno”, perché il mondo va troppo veloce per noi, e tre miliardi di intrusi hanno fatto irruzione nel mondo dei nostri consumi, devastandolo. Non ci sono più i boiardi di una volta, signora mia.

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