Dicono di lei

”Un bambino viziato”. Così il capo comunicazione di Ryanair, Peter Sherrard, nel corso di una conferenza stampa, ha definito l’Alitalia. ”Il Governo italiano – ha spiegato – ha fatto troppo per aiutare Alitalia e per proteggerla dalla concorrenza”. Sherrard ha parlato di Alitalia come di ”un bambino viziato che non sa camminare da solo” e che ora ”è diventata parte della campagna elettorale. Sono due le compagnie aeree che falliscono in Europa: – ha proseguito il capo comunicazione di Ryanair – l’italiana Alitalia e la greca Olympic, e sono quelle che vengono troppo supportate”.

Sherrard si è augurato che il governo italiano ”smetta di proteggere Alitalia dalla concorrenza perché non fa bene ad Alitalia e perché è un abuso delle regole europee”. Nel frattempo, durante l’audizione di questa mattina davanti alle commissioni Bilancio, Trasporti e Attività produttive della Camera, il ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa ha ricordato che “in nessuna privatizzazione effettuata dallo stato italiano è accaduto che fossero riuniti tali e tanti elementi di difficoltà”. Ma ha anche aggiunto che “una cessione a imprenditori privati è impossibile e comunque non risolutiva se non accompagnata da una profonda ristrutturazione industriale che ricostituisca la capacità di produrre utili”. Good point.

Il problema principale di Alitalia è l’irrazionalità organizzativa, che ha finora distrutto valore e denaro dei contribuenti. Il tutto mentre il settore del trasporto aereo mondiale viveva un’espansione senza precedenti, configurandosi come il simbolo tangibile della globalizzazione, malgrado violenti shock esterni quali terrorismo e aumento del prezzo dei carburanti. Tutte circostanze che, mentre in Italia si discuteva sul destino cinico e baro che piaga Alitalia filosofeggiando di mercatismo crudele, hanno permesso altrove di dispiegare al meglio la creatività manageriale. Quella vera, non la sua variante italica che negozia “inevitabili” golden parachutes per i propri top manager anche se l’azienda è in picchiata.

La fantomatica cordata patriottica potrebbe (in caso) dare temporaneo sollievo allo stato patrimoniale di Alitalia, ma il conto economico tornerebbe in breve tempo a erodere ogni ricapitalizzazione: in circa due anni la gestione corrente di Alitalia ha bruciato circa un miliardo di euro derivanti dall’aumento di capitale del dicembre 2005, quello promosso dal governo Berlusconi. E da dove deriva l’operatività in perdita strutturale di Alitalia? Dalla compresenza in essa di funzioni di utilità di tipo extra-economico, riconducibili ai suoi principali stakeholders: politica e sindacato. Un’applicazione da manuale di teoria degli special interests, dove il conto viene presentato ai contribuenti in quanto soggetto non organizzato per svolgere attività di lobbying. Pare che in Italia la storia proprio non riesca ad essere maestra di vita.

Se qualche “commenda” italiano vuole davvero giocarsi un chip su Alitalia intonando l’inno di Mameli, dovrà mettere in conto anche il Vietnam dello smantellamento degli interessi organizzati che parassitano il nostro vettore da decenni. Diversamente, cioè in caso conservazione dello status quo, saremmo legittimati a pensare che questi cavalieri biancorossoverdi berrebbero l’amaro calice solo con una robusta contropartita di protezione politica, chiamata magari Expo2015. E anche in quel caso a pagare sarebbe Pantalone.

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