Prima che qualcuno venga a dirvi che siamo messi meglio degli altri anche riguardo l’occupazione, ad esempio perché le stime di consenso ipotizzavano per il secondo trimestre un aumento della disoccupazione al 7,7 per cento e il dato destagionalizzato mostra invece un incremento di solo un decimo di punto percentuale rispetto al trimestre precedente, è utile dare una scorsa al comunicato Istat:
Nel secondo trimestre 2009 l’offerta di lavoro registra, rispetto allo stesso periodo del 2008, una riduzione dell’1,0 per cento (-241.000 unità). Rispetto al primo trimestre 2009, al netto dei fattori stagionali, l’offerta di lavoro si riduce dello 0,2 per cento. Nel secondo trimestre 2009 il numero di occupati risulta pari a 23.203.000 unità, in forte calo su base annua (-1,6 per cento, pari a -378.000 unità).
Emerge chiaramente come la crescita della disoccupazione italiana stia sviluppandosi secondo linee “razionali” ed ampiamente attese: attualmente (si ricordi che i dati sono al 30 giugno scorso) cresce il numero dei lavoratori “non protetti” che vengono espulsi dalle forze di lavoro. Come segnala Istat:
Nel secondo trimestre 2009 la riduzione tendenziale complessiva del numero degli occupati sintetizza, da un lato, il forte calo dei dipendenti a termine (-229.000 unità), dei collaboratori coordinati e continuativi e occasionali (-65.000 unità), degli autonomi (-145.000 unità), soprattutto di quelli con un’attività artigianale o commerciale e nei servizi alle imprese; dall’altro, la moderata crescita dei dipendenti a tempo indeterminato (61.000 unità), nuovamente dovuta agli stranieri nelle professioni non qualificate e agli italiani con almeno 50 anni di età.
In estrema sintesi, il mercato italiano del lavoro si trova attualmente più indietro, rispetto a quelli dei paesi con i quali ci confrontiamo, e questo soprattutto per la sua natura più marcatamente “duale”, tra insider ed outsider. Altra informazione interessante:
Sempre con riferimento all’occupazione dipendente si registra una forte riduzione del lavoro a termine (-9,4 per cento, pari a -229.000 unità), che coinvolge per i tre quarti i giovani fino a 34 anni. Il calo, diffuso sull’insieme del territorio, riguarda sia gli uomini sia le donne nell’industria e nei servizi. L’incidenza dei lavoratori a tempo determinato sul totale dei dipendenti scende nel secondo trimestre 2009 al 12,8 per cento dal 14,0 per cento di un anno prima.
Oltre a compiacersi per la migliore capacità di tenuta del mercato del lavoro italiano (e vi facciamo grazia del “solito” dato sui lavoratori scoraggiati del Mezzogiorno, ormai privo di rilevanza politica, se ci passate il cinismo), il governo farebbe meglio a prendere consapevolezza che questa crisi evidenzia tutta la profonda ed intollerabile iniquità del mercato del lavoro italiano, e ad apprestare delle riforme vere.