Parlando ieri a margine dell’assemblea elettiva di Fedagri-Confcooperative, il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha osservato che
“Il cantiere sul fisco che vuole aprire Tremonti ha un’impostazione molto sovversiva” rispetto alle precedenti perché “intende passare da una fiscalità penalizzante con una progressione ideologica sui redditi da lavoro” a tassare invece “i consumi e anche un po’ le cose. Spostare questo baricentro – aggiunge Sacconi – non è da poco. Incoraggia il reddito da lavoro e scoraggia altri modi di fare reddito con meno rischi e fatica”
Osservazioni molto dense.
Premesso che siamo assolutamente d’accordo sul principio in base al quale occorre guardare alla capacità contributiva complessiva, e quindi non è una bestemmia ripartire il peso fiscale totale tra differenti tipologie di prelievo (oltre a lavorare per ridurlo, s’intende), anche per minimizzare le distorsioni all’offerta di lavoro, Sacconi dovrebbe però spiegare quali sono le “cose” da tassare. Non dovrebbe trattarsi dei consumi, perché Sacconi parla di tassare “consumi e anche un po’ le cose“. E allora, di che si tratta?
A noi d’acchito vengono in mente gli immobili. Ma se la nostra percezione fosse corretta, Sacconi e il governo dovrebbero dirci per quale motivo hanno soppresso integralmente l’Ici, una imposta locale che rafforza il principio federalista e avrebbe responsabilizzato i comuni, attraverso la cessione ai medesimi della gestione del catasto. Invece, abbiamo avuto una manovra deresponsabilizzante per la finanza locale, che resta appesa ai trasferimenti dal centro, e regressiva, perché elimina tutta l’Ici e non solo una quota fissa uguale per tutti, come accadeva in precedenza. Ma vista la determinazione del governo contro l’Ici (incluso agitare lo spauracchio della sua reintroduzione da parte della sinistra, in caso tornasse al potere), restiamo con la nostra curiosità su queste misteriose “cose” di cui parla Sacconi.
E se le “cose” fossero le attività finanziarie? Certo, sarebbe una definizione di “cose” piuttosto sui generis, la versione post-agricola e post-industriale della “roba” di Verga. Il sospetto che Sacconi possa riferirsi a questo emerge anche dalla sua constatazione sul “fare reddito con meno rischi e fatica”, che sembra la definizione di “rendite finanziarie” utilizzata dai sindacati e da Rifondazione. Ma anche in questo caso certamente ci sbagliamo: il governo non vuole tassare il risparmio.
E quindi, che resta nella categoria “cose”, forse il bollo auto? Neppure, era stato lo stesso Berlusconi a promettere (verbo che gli è da sempre molto caro) l’eliminazione di questo balzello, in un’altra vita ed in un’altra galassia ma sempre prima di un’elezione. A proposito, la metà della legislatura si avvicina a grandi passi, per fortuna non ci saranno più elezioni, potremo goderci lo spettacolo riformista.
La ricerca prosegue, aspettando che i “sovversivi” che stanno al governo comincino la rivoluzione.