Violento rimbalzo dei mercati rischiosi in settimana, e recupero di circa metà dei guadagni perduti nella correzione degli ultimi 2-3 mesi. Il Treasury decennale perde circa un terzo di quanto guadagnato dal rally iniziato a febbraio.
Il rimbalzo del 4 per cento dell’azionario globale questa settimana è soddisfacente, ma è certamente eccessivo rispetto alle nuove informazioni acquisite. Quindi, una parte significativa deve essere imputabile a ricoperture e ribilanciamenti da fine trimestre e semestre. Dall’inizio della ripresa, esattamente due anni addietro, tre rischi hanno minacciato gli investitori: crescita degli Stati Uniti e globale, periferia dell’area euro e surriscaldamento cinese. I dati di questa settimana mostrano che, pur con indici dei direttori acquisti ancora cedenti, i dati di produzione mostrano che un minimo ciclico potrebbe essere già stato toccato.
Molti investitori temono che l’economia statunitense non riesca a crescere senza stimolo, e che la Fed e l’Amministrazione Obama abbiano ormai esaurito le munizioni. L’approvazione dell’ultimo (ma solo in ordine cronologico) pacchetto di austerità da parte del parlamento greco ed il conseguente rilascio di nuovi fondi di emergenza della Ue, oltre a rinnovi “volontari” da parte delle banche di titoli di stato ellenici in scadenza, hanno per il momento evitato un default disordinato. Ma le difficoltà di implementazione del pacchetto fiscale sono di certo ben superiori a quelle legate alla sua approvazione. La resa dei conti appare quindi solo rinviata.
In Cina le varie strette di policy, combinate con il recente calo dei prezzi di greggio ed alimentari, aumentano la probabilità che l’inflazione possa toccare un picco ciclico entro un mese o poco più. Il miglioramento dei dati di produzione sta aumentando la fiducia degli investitori circa la riuscita del soft landing cinese, anche se la stretta monetaria di Pechino (e più in generale dei mercati emergenti) non è conclusa.
Nel reddito fisso, mini-crollo dei titoli di stato dopo che le notizie apparentemente e temporaneamente positive dalla Grecia hanno invertito la fuga verso la sicurezza rappresentata dalla liquidità. I rendimenti obbligazionari globali tornano al livello di inizio anno, ed il rimbalzo dell’attività atteso per la seconda metà dell’anno potrebbe spingerli ancora più in alto.
Sul mercato azionario, i dati dell’ISM manifatturiero americano confermano l’ipotesi di una ripresa della manifattura, e potrebbero indurre ad abbandonare le posizioni difensive. I mercati emergenti continuano ad essere preferibili a quelli sviluppati per migliori prospettive di crescita e per il probabile picco ciclico nell’inflazione.
Sul mercato dei cambi, il dollaro perde in settimana circa l’1,5 per cento, ponderato per i flussi commerciali, ed è più debole verso tutte le divise tranne Yen e Franco svizzero. Questo movimento sembra in linea con il ruolo di valuta di finanziamento mondiale assunta dal dollaro, tale per cui ogni accelerazione della crescita e riduzione dell’avversione al rischio ne implica l’indebolimento.
Le materie prime hanno recuperato vistosamente nel corso della settimana, guidate da energia e metalli di base, che hanno più che compensato un calo dell’8 per cento di quelle agricole, a fine della scorsa settimana. Il Brent ha quasi recuperato il livello precedente l’annuncio del rilascio di 60 milioni di barili di riserve strategiche da parte dell’Agenzia Internazionale dell’Energia. Quasi tutto questo rilascio avverrà negli Stati Uniti, condizionando quindi meno il prezzo del Brent. Inoltre, vi sono ipotesi di un taglio compensativo di produzione da parte dei paesi Opec in caso di eccessiva pressione ribassista sui prezzi.
Il Dipartimento dell’Agricoltura statunitense ha rivisto al rialzo le proprie stime per scorte e superfici coltivate per mais e grano, causandone una forte correzione dei prezzi.