Verso la Grande Gelata

Ricordate di cosa parlavamo, verso maggio, quando Jean-Claude Trichet annunciava la sua “forte vigilanza” ed avviava (o credeva di avviare) un ciclo di normalizzazione della politica monetaria? Parlavamo degli aumenti di tassi previsti fino a fine 2011. Pensavamo di dover arrivare a 75 centesimi, portando quindi il tasso-chiave a 1,75 per cento. Da allora, abbiamo avuto aumenti per 50 centesimi, ma la congiuntura ha mostrato crescenti segni di affanno, ed oggi è tutta una rincorsa di banche d’affari e centri studi a prevedere una frenata talmente vistosa da farci ricadere in recessione.

Tra i più vocali in questo senso è certamente Nouriel Roubini, che ha fatto del suo Twitter un pulpito da cui scagliare fulmini contro i miscredenti e prevedere devastazioni bibliche. I mercati si sono adeguati al sentiment generale. Ad esempio, la striscia dei contratti futures sull’Euribor a tre mesi prevede per i prossimi mesi addirittura una flessione dei tassi. Premesso che il tasso spot oggi è a 1,53 per cento, la scadenza di settembre “prevede” tassi all’1,25, e poi vieppiù calanti, con un minimo sulla scadenza giugno 2012, a 1,1 per cento. Lo scorso 11 aprile la scadenza giugno 2012 aveva un tasso implicito del 2,68 per cento. Abbiamo sempre più gli occhi a mandorla, si direbbe, ed è interessante notare che il tasso euribor non sta ancora scontando rischi di credito di una certa entità. Solo un piccolo rialzo delle metriche di stress interbancario, ma nulla di neppure lontanamente comparabile a quanto accaduto durante il meltdown nucleare di Lehman. Per forza, oggi il sistema affoga nella liquidità.

Premesso che i tassi impliciti nei futures sono pessimi previsori, che dobbiamo aspettarci se questo consenso dovesse effettivamente materializzarsi? Sicuramente, dal mix tra una stretta fiscale (che contribuisce al rallentamento, con buona pace delle leggende metropolitane sulla “contrazione espansiva”) ed una congiuntura in frenata, dobbiamo attenderci enormi affanni nei conti pubblici dei paesi più vulnerabili.

Tra questi l’Italia, che in questi giorni discute in modalità reality su una manovra nata orfana e già sufficientemente incattivita prima ancora di iniziare il proprio percorso parlamentare, tra proposte di tassazione della prostituzione, dei beni di lusso-lusso ed altre amenità dal gettito microscopico ma dal tasso di demagogia stratosferico, per acquietare il popolino-bue terrorizzato. E’ bene ricordare che la nostra manovra è tarata su una crescita del Pil dell’1,1 per cento nel 2011 e di ben l’1,3 per cento il prossimo anno: numeri che appaiono eccessivamente ottimistici, per usare un eufemismo.

E quindi? Quindi, finché la Germania non deciderà cosa vuol fare da grande, se uscire dall’euro o incamminarsi verso gli eurobond, con modifiche dei trattati nazionali, l’alternativa potrebbe essere una Bce che si traveste da Fed, e avvia un poderoso easing quantitativo, mettendo mano a quella che viene definita “l’opzione-bazooka”. Quella è l’ultima arma, ma riusciremo a convincere Trichet, o meglio Draghi? Il futuro appare depresso e deflazionistico, serve un colpo d’ala, e serve per ieri.

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