Post preventivo su Moody’s, cause ed effetti (Featuring Minzolini)

Dedicato a tutti gli editorialisti e commentatori che riterranno domani di dover prendere a pernacchie Moody’s perché oggi gli spread sui titoli di stato italiani sono rimasti largamente invariati e la borsa è salita in modo robusto, malgrado i tre notch di downgrade di ieri sera. Attenzione alla solita correlazione che non è causalità, ed ai non meno abituali cospirazionismi. Andiamo con ordine.

Sul downgrade di Moody’s, quello che appare evidente è che il mercato aveva in larga parte scontato la mossa, anche perché lo scarto con S&P era ormai troppo ampio (tre gradini), pur nel rispetto del differente modello di business ed analitico utilizzato dalle agenzie. Questo dovrebbe fare riflettere circa la reale capacità delle agenzie di “muovere i mercati”, anche scontando il fatto che conta l’agenzia “first mover“, che in questo caso era S&P.

Esiste una letteratura sufficientemente ampia circa il fatto che le agenzie spesso si trovano “dietro la curva”, cioè si limiterebbero a ratificare andamenti di mercato. Il problema sono semmai gli investitori istituzionali che non fanno i “compiti a casa”, cioè che per pigrizia “istituzionale” (e processi decisionali d’investimento burocratizzati e ritualistici) investono e disinvestono solo al variare dei rating ufficiali. Quando questi ultimi scendono sotto la soglia ammissibile, ecco che sorge la necessità di liquidazioni forzose dei portafogli, che si scontrano con la peggiorata liquidità di mercati che sono nel frattempo divenuti unidirezionali. Ma quello che è certo è che il potere, alle agenzie di rating, lo hanno dato soprattutto gli investitori, non il Club Bilderberg.

Torniamo a oggi: lo spread italiano non si è mosso anche grazie all’ennesima messa in scena dei boatos di salvataggio dell’Eurozona, attraverso poderose ricapitalizzazioni del sistema bancario. Premesso che l’Eurozona verrà salvata perché il fallimento non è un’opzione (anche se ciò avverrà un minuto prima della catastrofe, come nei film americani di qualche decennio addietro), anche questo ha contribuito ad attenuare per oggi l’avversione al rischio, e a depotenziare gli esiti di una notizia comunque scontata come il downgrade italiano.

Tornando ai nostri editorialisti di domani, se Moody’s si è “sbagliata”, o se il mercato “se ne è fregato” del suo giudizio, abbiamo semplicemente un motivo in più per non accusarla, al prossimo downgrade (che di questo passo avverrà comunque) di cospirare per rovesciare un governo “eletto dal popolo”, ed invocare agenzie statali come osti a cui chiedere com’è il vino, giusto? Ma forse sono inferenze troppo razionali.

Update – Eccolo qui. Se Moody’s e le agenzie di rating “hanno perso autorevolezza nel loro paese e, visto l’andamento delle borse di oggi, anche sui mercati”, cioè se non muovono i mercati medesimi, perché accusarle di “speculare”? La logica, questa sconosciuta ai nostri cabarettisti smascherati.

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