Per la serie “think the unthinkable”, oggi l’agenzia federale tedesca del debito pubblico ha annunciato che la prossima emissione di Schatz, il titolo di stato biennale, avrà cedola zero. Ma non sarà uno zero coupon come il suggerirebbe il senso comune, cioè un titolo emesso a sconto e che rimborsa a scadenza alla pari, determinando in tal modo il rendimento come differenza tra prezzo di emissione e prezzo di rimborso. No, sarà un titolo emesso in un intorno di 100 per cento del nominale, e che tra due anni rimborserà quel valore nominale, senza alcuna cedola attaccata. Anche perché, con il rendimento del titolo di stato biennale che si trova in un intorno dello 0,05 (zero virgola zero cinque) per cento, non c’erano grandi alternative alla cedola zero. Wunderbar.
I più entusiasti e germanofili tra voi rinfoderino la vuvuzela: questo fenomeno non è frutto del valore tedesco né il premio per l’eccellenza a gestire il deficit e fare arrivare i treni in perfetto orario, ma è il risultato delle enormi distorsioni esistenti in Eurozona. I capitali si dirigono sui titoli di stato tedeschi perché temono un’implosione dell’Eurozona ed una serie di default a catena. In quella circostanza, chi ha investito in asset della Bundesrepublik avrebbe difeso come minimo il valore nominale del proprio investimento (capital preservation). Senza contare che, se la Germania tornasse al marco prima del rimborso del titolo, gli investitori beneficerebbero di una poderosa rivalutazione in conto cambio. Abbiamo detto che si tratta di preservazione del capitale nominale ma, se il breakup avvenisse realmente, la Germania si troverebbe ad essere colpita da una deflazione corposa, e quindi chi investe in questo apparentemente bizzarro titolo avrebbe guadagnato anche in termini reali. Una scommessa a costo relativamente basso, in definitiva.
Si chiamano market dislocations, non c’entrano nulla con le virtù (ed i vizi) degli emittenti. Quindi, per cortesia, evitiamo di ricamare i soliti moralismi da dopolavoro di provincia.