Ricordate la vulgata che all’incirca dice “meglio avere una propria valuta, così ci si può fare quel che si vuole?” Ecco, nel caso dell’Argentina le cose non stanno andando esattamente in questi termini, ed il paese ha deciso di impiccarsi ad un cambio che sempre meno ne riflette i fondamentali economici.
La distanza tra realtà e sogni si misura attraverso il differenziale tra tasso di cambio ufficiale e quello di mercato nero. Nel caso argentino, tale gap è ormai giunto a ridosso del 50 per cento. Da inizio anno il cambio di mercato nero si è svalutato di circa il 30 per cento, in termini nominali, per effetto di controlli valutari sempre più stretti, finalizzati a non perdere riserve in dollari. Ma queste mosse accentuano le aspettative di forti aggiustamenti del cambio ufficiale, cioè di una mega-svalutazione. Il governo ha di recente imposto un divieto di acquisti di dollari per finalità di risparmio e di transazioni immobiliari. Divieto che ha accentuato il nervosismo dei risparmiatori visto che il paese, a causa della propria tradizione di disastri monetari, ha una ormai consolidata tradizione di utilizzo del dollaro per la gestione dei risparmi e l ‘acquisto di abitazioni.
La domanda di dollari per finalità di tesaurizzazione è accentuata dall’enorme e crescente liquidità in pesos, pompata dalla banca centrale, oltre che da una crescita in decelerazione e mancanza di opportunità di investimento domestico in un quadro di tassi d’interesse reali fortemente negativi (ma non per scoppio di una bolla finanziaria, non confondetevi ché poi vi impiantate in ragionamenti privi di senso, mi raccomando), e conseguenti aspettative inflazionistiche alle stelle (intorno al 35 per cento). La massa monetaria M2 è cresciuta del 31 per cento annuale in giugno, mentre i depositi in dollari sono diminuiti di un terzo (nel senso che quei dollari sono verosimilmente finiti nelle case degli argentini, in forma di banconote, per timore di conversione forzosa).
Malgrado queste geniali trovate, il deflusso di capitali non si arresta. A questo punto vi chiederete: ma perché sostenere il cambio in questo modo barbaro e non lasciarlo aggiustare fisiologicamente? Semplice: perché il paese, che dal giorno del default è un paria sui mercati internazionali dei capitali, si è finora mantenuto in linea di galleggiamento grazie ad un avanzo di partite correnti che lo sgoverno economico sta progressivamente trasformando in deficit. Quando succederà, game over, di nuovo. Da qui il tentativo disperato di non perdere riserve valutarie pregiate, i controlli sui cambi sempre più folli, la distruzione dell’economia nazionale per mancanza di volontà a dire agli argentini che la festa è finita (mai cominciata, ma è un dettaglio ad uso dei gonzi, soprattutto italiani, che si bevono tutto) e che serve una fortissima compressione della domanda domestica per preservare quell’avanzo commerciale.
Alla fine dei giochi, il paese che si era “liberato” dal giogo di un cambio irrealistico, si sta impiccando sua sponte ad un cambio altrettanto irrealistico. L’eterno ritorno (della stupidità) è servito.