Le banche centrali e “l’incubo keynesiano”

Sull’Atlantic, un articolo di Ramesh Ponnuru e David Beckworth sul rischio del Fiscal cliff statunitense. E suggeriscono una lettura alternativa a quella keynesiana, condizionata tuttavia all’osservazione della realtà circostante (in precedenti episodi di austerità), oltre che dell’azione della banca centrale durante le strette fiscali.

Secondo le assunzioni keynesiane, tagli di spesa ed aumenti di imposte deprimono l’economia perché sottraggono soldi dalle tasche delle persone. Le quali, a causa di ciò, spendono meno. I soggetti destinatari di tali spese si ritrovano con un reddito inferiore e quindi fanno lo stesso, tagliando la propria spesa, e per questo circolo vizioso si finisce in recessione. Da qui i timori per il Fiscal cliff, che sono timori di natura “keynesiana”.

Secondo gli autori dell’articolo, tuttavia, esiste la possibilità di neutralizzare tale impulso recessivo, nella misura in cui la Fed agirà a contrasto. Il timore dei keynesiani, infatti, è relativo alla condizione di “trappola della liquidità”, cioè di elevatissima domanda di moneta che tende a rendere inefficace l’azione delle banche centrali e ad innalzare il moltiplicatore fiscale durante le fasi di austerità. Ciò significa che, per contrastare le strette fiscali di grande magnitudine (e ridurne il moltiplicatore), le banche centrali devono premere sull’acceleratore dell’espansione monetaria.

I due autori citano l’esempio di Bank of England nel 1981 e di Bank of Canada, a metà anni Novanta. In entrambi i casi, alla stretta fiscale le due banche centrali risposero con una espansione monetaria che riuscì a contrastare la stretta fiscale. E’ certamente vero, ma gli autori omettono di indicare che, in quelle circostanze, vi erano situazioni espansive dei maggiori partner commerciali dei due paesi (soprattutto gli Usa, che erano in un boom), e che la politica monetaria non era appoggiata sul confine del tasso zero, come abbiamo già illustrato in passato.

Ma questo, per gli autori dell’articolo, non è un problema, perché le banche centrali sono teoricamente onnipotenti:

«I keynesiani (…) dicono che speciali circostanze possono rendere le banche centrali impotenti e la politica fiscale cruciale. Essi hanno in  mente una “trappola della liquidità” in cui i tassi d’interesse sono troppo bassi per consentire alla banca centrale di ridurli ulteriormente. Come l’economista della Bentley University (e blogger) Scott Sumner ama osservare, tuttavia, non c’è caso nella storia del mondo in cui una banca centrale in un sistema di fiat money abbia cercato di inflazionare e (abbia) fallito. Ben Bernanke, parimenti, non ha mai affermato che potrebbe esaurire le munizioni»

Da qui origina la linea di policy in base alla quale le banche centrali dovrebbero perseguire un obiettivo (targeting) di Pil nominale, per contrastare attraverso la spesa privata (stimolata per via monetaria) ogni riduzione di spesa pubblica. Per il momento ci limitiamo a tratteggiare questo tema, peraltro piuttosto complesso anche per addetti ai lavori. Segnaliamo che il nuovo governatore della Bank of England, il canadese Mark Carney, sta iniziando il proprio mandato con la teorizzazione che la banca centrale debba perseguire un dato livello di Pil nominale, ed utilizzare conseguentemente tutti gli strumenti a propria disposizione.

Finora la Bank of England, tramite easing quantitativo, cioè comprando titoli di stato, ha cercato di compensare gli effetti della restrizione fiscale governativa, con risultati controversi e certamente non ottimali. Ma il Nominal Gdp targeting appare davvero l’ultima frontiera della politica monetaria, oggi. Ma sembra facile dire che bisogna mirare ad un dato livello di Pil nominale: ricordando che questa grandezza è la somma di crescita reale e tasso d’inflazione, questo significa che occorre innalzare il tasso d’inflazione, e la cosa non è semplice né priva di rischi, ad esempio di insufflare gravissime bolle finanziarie, che ben conosciamo.

Attendiamo gli sviluppi, ma una considerazione a latere s’impone: l’Eurozona, con una banca centrale che non contrasta a sufficienza la feroce stretta fiscale imposta dalla volontà dell’egemone tedesco, è destinata ad un gramo destino, fatto di debito che prende una traiettoria esplosiva, come peraltro sta già accadendo. Qualcosa su cui tutti i soggetti “responsabili” dovrebbero riflettere. Prima che sia troppo tardi.

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