Oggi sul Sole c’è un’infografica molto eloquente: a quanto ammonterà, e di quanto varierà, la pressione fiscale dal primo luglio, quando entrerà in vigore la nuova aliquota del 26% su investimenti diversi dai titoli di stato e buoni postali.
La simulazione, inclusiva della Tobin Tax (che dal primo gennaio è allo 0,2%, ridotta a 0,1% per scambi su mercati regolamentati) poggia su una ipotesi: che il rendimento dello strumento finanziario sia pari al 3%. E quindi, sull’azionario (partecipazioni non qualificate) la pressione fiscale passa dal 30 al 36%; per le obbligazioni societarie dal 26,7% al 32,7%, così come per i fondi comuni e gli Etf. Nessun cambiamento per i titoli di stato (che non pagano la Tobin, peraltro): la pressione fiscale complessiva resta al 19,2%, frutto del 12,5% di imposta sostitutiva e dello 0,2% della patrimoniale/imposta di bollo.
Invece, per i depositi bancari ed i certificati di deposito, che come sapete sono il mezzo con cui gli spregevoli kapitalisti si arricchiscono sulle spalle e sulle tasche dei lavoratori, la tassazione complessiva passa dal 26,9% al 32,9%. “Come in Europa”, dicunt.
Ma attenzione: questa pressione fiscale vale (per qualsiasi importo investito, ricordarlo non guasta, in un paese di amanti dei numeri) nell’ipotesi di rendimenti del 3%. Se invece il rendimento scende al 2%, divenendo più aderente alla realtà delle condizioni praticate oggi dalle banche italiane, la pressione fiscale complessiva sui depositi bancari ed assimilati passa dal 30% al 36%. E giustizia è fatta. Così imparate, ad arricchirvi con i depositi bancari alle spalle del lavoro.