L’Italia è il paese che amiamo. Ingiustamente denigrato da un corrosivo spirito autolesionistico, dispone in realtà di energie potenti e rigeneranti, e sa apprendere dai propri errori. Chi ha sbagliato non viene ingiustamente messo al bando dalla società, ma anzi spesso riesce a salire ai vertici dei suoi robustissimi corpi intermedi, quelli la cui autonomia è sacra ed inviolabile. Abbiamo una libera stampa attenta ed implacabile, con un’innata vocazione a fare le pulci al potere, non solo nelle rare occasioni in cui al potente di turno sfugge qualche colorita ma al fondo bonaria espressione.
Non tolleriamo alcuna forma di razzismo, men che mai nei luoghi dove le regole della tolleranza possono e debbono trovare alimento e fortificarsi: gli impianti sportivi. Anche per questo, dal prossimo campionato, saremo ancor più inflessibili di fronte a becere manifestazioni di discriminazione negli stadi, ora che abbiamo l’uomo giusto (e nuovo, anche anagraficamente, in questa esaltante stagione di Rinnovamento e Rinascimento) al posto giusto. E comunque, sia chiaro: noi non abbiamo nulla contro i negretti, che anzi spesso sono i nostri migliori amici assieme a Fido. Ed assieme a ebrei, arabi e persino froci. Perché noi siamo italiani, brava gente.