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Oggi sul Corriere un commento del vicedirettore Federico Fubini sui destini incrociati dei sistemi bancari italiano e tedesco, davanti alla Commissione Ue. È ormai divenuta un’ossessione, quella degli editorialisti italiani, per questa HSH Nordbank vista come prova provata dei “favoritismi” di cui godrebbe la Germania. Se poi si scava nemmeno troppo in profondità, si scopre che le cose non stanno in questi termini, che il contesto è radicalmente differente, e che alla fine gli editoriali finiscono spiaggiati a constatare amaramente le debolezze e vulnerabilità italiane, dopo essersi abbeverati alla fonte dell’invidia per i guai altrui, la celeberrima Schadenfreude. Ma, ehi!, restano sempre imprescindibili fonti di precetti e ricette.

Ieri è accaduto che la Commissione europea ha semplicemente ratificato l’aumento di garanzie che due Laender tedeschi, Amburgo e Schleswig Holstein, a giugno 2013 avevano concesso a HSH, la dissestata banca dei cantieri navali di Amburgo. Questi aiuti pubblici sono condizionati alla separazione della banca in una holding ed una società operativa: quest’ultima dovrà essere ceduta sul mercato (i.e. privatizzata) entro il febbraio 2018, termine eventualmente prorogabile di altri sei mesi. Se non si troverà acquirente, la banca andrà in wind-down, cioè in ordinata dissoluzione.

Continua a non essere chiaro, a lume di logica, che c’entri HSH con le quattro banche italiane risolte il 22 novembre dello scorso anno ma pare che oggi, in Italia, se sei editorialista e ambisci ad essere qualcosa di più, non ti possa esimere dal citare questo “esempio”. Riproviamo con quanto già detto tempo addietro:

  • HSH era ed è una banca di proprietà pubblica. Difficile applicarle il bail-in, così come emerso dalla direttiva BRRD. Ma non solo per quello: infatti
  • Gli aiuti a HSH sono stati concordati prima della cosiddetta Comunicazione bancaria della Commissione Ue di agosto 2013, quando era ancora in vigore la normativa comunitaria del 2009, la Comunicazione sulle ristrutturazioni. Dal 2013, i termini del salvataggio di HSH non sono mutati di una virgola, quindi niente BRRD, che è successiva;

Queste considerazioni rispondono alle lamentazioni di Fubini circa il mancato abbattimento immediato delle sofferenze di HSH, a differenza del caso italiano. Se le norme europee sono cambiate nel frattempo, inutile fare paragoni che rivelano solo l’impreparazione di chi ne scrive. HSH è autorizzata a cedere ai due Laender controllanti sofferenze a “prezzo di mercato” per 6,2 miliardi di euro, mentre altri 2 miliardi potranno essere venduti sul mercato. Questo genererà una elevata minusvalenza, che si scaricherà sui Laender, cioè sui contribuenti tedeschi delle due regioni, che continueranno a pagare per molti anni a venire, con l’attivazione delle garanzie pubbliche. Comprendiamo che Fubini e moltissimi altri italiani siano invidiosi di questo salasso, e vorrebbero replicarlo su vasta scala anche da noi. Soprattutto, dopo aver appena scoperto di vivere in un paese liberista e mercatista, che imputa alla Germania il sovrappeso del pubblico nell’economia. Sono cose.

Dopo l’abituale lip service al “caso” HSH, Fubini si volge a commentare le tristi vicende bancarie di casa nostra, recuperando lucidità. I mercati sono tornati a martellare le banche quotate italiane. Secondo Fubini (ed anche secondo noi, si parva licet) ciò è dovuto al fatto che

«Il decreto varato venerdì scorso per accelerare i pignoramenti dei beni dei debitori insolventi è solo l’ultimo esempio, che ieri ha pesato su Piazza Affari. Quelle misure saranno sicuramente utili, perché i futuri prestiti potranno contare su garanzie più credibili. Resta però un dettaglio in sospeso: il decreto non ottiene l’obiettivo per il quale era nato, perché non aiuta a rafforzare gli attuali bilanci delle banche. Il provvedimento influenzerà infatti soprattutto il credito concesso da domani in poi, non lo stock esistente di 360 miliardi lordi di prestiti oggi a rischio di insolvenza»

Anche perché di quelle norme manca ancora il testo, come da consolidata abitudine renziana. Personalmente avremmo tuttavia qualche dubbio che la possibilità di dare alle banche il possesso delle quote di controllo di aziende che non rimborsano i prestiti possa essere il proiettile d’argento. Provate a immaginare le banche “imprenditrici”, con aziende debitrici in dissesto, spesso di dimensioni piccole e medie, legate alla figura dominante dell’imprenditore-fondatore. Auguri. Ma Fubini prosegue con un concetto che letteralmente piove dal cielo. Secondo lui, gli aumenti di capitale delle banche sono difficili perché

«[…] oggi gli investitori non sono disposti a dare risorse a banche che valgono in Borsa un quinto o un terzo di quanto se ne ricaverebbe smembrandole e vendendole a pezzi»

Davvero? Siamo in presenza di un caso in cui il totale vale meno della somma delle parti? Ma se così fosse, perché non procedere? Chi e cosa ha messo in testa a Fubini questa idea? Quali pezzi vendiamo, esattamente? La rete degli sportelli, come da alcuni anni si favoleggia dovrebbe fare MPS, magari con la rete Antonveneta? Fubini si risponde da solo:

«Trovare capitale sarebbe più facile se le banche chiudessero almeno un terzo dei loro attuali 30 mila sportelli: un tempo si compravano filiali a 9 o anche 12 milioni di euro l’una; oggi, in certi casi, restano deserte tutto il giorno e valgono zero»

Beh, ma qui non è un problema: si imputano a bilancio oneri una tantum per chiusura sportelli e si riparte. Ah no, aspetta, gli oneri di ristrutturazione creano perdite, come le sofferenze non coperte, ed erodono il capitale. E quindi, cosa vendiamo “a pezzi”? Altro? Gli immobili strumentali, magari con una bella cartolarizzazione? Ah no, lo ha già fatto MPS anni addietro, a se stesso ed ai suoi clienti, ed ancora sanguina. Altro? La divisione capital markets? Ah certo, quelle come noto proliferano nelle nostre banche commerciali, soprattutto quelle piccole e medie, no? Il problema della redditività delle banche, della loro missione, è esistenziale. Se le cose fossero così semplici da essere contenute e risolte in un editoriale, questo sarebbe il paese più felice del pianeta, e senza bisogno di avere i cervelloni alla McKinsey o BCG che ci spiegano dove abitiamo. Per fortuna possiamo sempre trascorrere il tempo recriminando su HSH Nordbank, la nostra splendida ossessione.

Aggiornamento – Fubini risponde, si fa per dire. Dapprima con sussiego di lesa maestà degno di miglior causa e di migliori titoli (suoi), poi sbagliando la cronologia:

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Da ultimo, svelandoci il complottone ai danni dei contribuenti tedeschi: quell’aumento di garanzie è avvenuto in piena era BRRD, non come la racconta la Commissione europea, perbacco!

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Infine, “maestraaaaa!”

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Perché, sapete, nel magico mondo di Fubini le good bank completamente risanate e ripulite necessitano di molto tempo per essere cedute sul mercato, a differenza di una banca in procedura di aiuti di stato (autorizzati) che da sette anni sanguina dalle tasse dei contribuenti tedeschi. Quando distribuivano la logica, Fubini era impegnato a scrivere un editoriale contro i tedeschi, evidentemente. I risultati si vedono tutti.

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