Sale la tensione, tra gli azionisti delle banche popolari non quotate, che stanno scoprendo solo ora che il loro capitale è, appunto, capitale di rischio. Il rischio di perderlo ed anche quello di non riuscire a monetizzarlo, in assenza di un mercato. Al confine tra analfabetismo finanziario, tradizione ed equivoci. E con qualche “giustificazione” decisamente stralunata.
Prendete il caso dei soci di Banca Popolare di Bari, che diventerà società per azioni dopo l’intervento del governo Renzi. Anche qui, molti clienti della banca ne hanno acquistato le azioni ed ora non riescono a rivenderle, oltre ad aver scoperto che oggi valgono il 20% in meno dello scorso anno. Sono stati truffati? Chi può dirlo. Di certo, non serve essere maghi della finanza per comprendere che le azioni rappresentano capitale di rischio, e che come tale sono soggette a perdite anche elevate. Quanto alla negoziabilità, in assenza di quotazione su mercato regolamentato, resta da capire cosa è stato loro detto da chi proponeva l’investimento. Trattandosi di popolare, forse gli azionisti vedevano in esso una sorta di accesso privilegiato a benefici mutalistici. Forse tassi agevolati su mutui? Minori costi di tenuta del conto corrente? Qualche agendina o calendario a fine anno? Oppure gli azionisti ritenevano che il loro capitale non potesse che rivalutarsi inesorabilmente, e tanti saluti alla miseria dei titoli di stato e delle obbligazioni? Il famoso “rischio asimmetrico”, quello dove si può solo guadagnare.
Come che sia, ora sono scese in campo le sedicenti associazioni dei consumatori ed i loro legali, che dovranno dimostrare il raggiro o più propriamente la circonvenzione di incapace. Singolare è tuttavia la risposta della Popolare di Bari, come riportata nell’edizione locale di Repubblica, con virgolettati:
Quanto al prezzo delle azioni, scese a 7,50 euro, «si è trattato di una piccola svalutazione», visto che il 20% di passivo non può essere paragonato a quello registrato altrove, nel mondo bancario, pari al 60-80%. Peraltro la svalutazione «non l’abbiamo determinata noi, ma è stata resa indispensabile dopo che attraverso un decreto del governo siamo stati obbligati a diventare una società per azioni»
Che dire? La Popolare di Bari fa molto meglio del resto del mondo, complimenti vivissimi. E comunque, pare di capire dal virgolettato, se non fosse stato per quell’impiccione di governo la svalutazione non ci sarebbe stata, noi avremmo continuato a incrociare in casa partite di azioni dei clienti in vendita ed in acquisto al prezzo che ritenevamo più rassicurante e sulla base di questa invidiabile solidità patrimoniale avremmo pure emesso nuove azioni, con le quali fare credito e salvaguardare i coefficienti patrimoniali, e sarebbero vissuti tutti felici e contenti. Ma perché la gente non si fa mai gli affari propri, dico io? Dalla Commissione europea alla Bce, per finire col governo, tutti vengono a turbare questo lineare meccanismo di crescita, sviluppo e serenità. Ma dove andremo a finire, signora mia?