Su Repubblica, Valentina Conte spiega la situazione surreale che si è venuta a creare dopo l’eliminazione dei voucher, cioè del “lavoro accessorio,” a mezzo decreto legge, in quello che a sinistra viene visto come il primo raggio del nuovo Sol dell’Avvenire. Quello in cui basta raccogliere le firme per un referendum “problematico” e molto pop per indurre il governo pro tempore a terrorizzarsi e sbracare gioiosamente, legiferando l’integrale recepimento del quesito referendario, senza manco scomodare i cittadini e farli recare alle urne. Che volete di più dalla vita, un tucano? Dalla vicenda voucher, e dal cratere normativo che si è aperta, con conseguente “sanatoria” barocca che già si staglia nitida all’orizzonte, si coglie l’intima essenza della bancarotta italiana. Ora anche psichica.
Scrive Conte:
«Lavoro grigio. Ovvero irregolare. Un voucherista beccato in questi giorni da un ispettore del lavoro è di fatto un fuori norma. Perché il decreto legge numero 25 di venerdì scorso non solo ha abrogato i ticket. Ma ha pure rimosso dall’ordinamento giuridico italiano il lavoro accessorio. Pur autorizzando quanti hanno acquistato i buoni fino al 17 marzo, giorno della pubblicazione in Gazzetta ufficiale del provvedimento, ad utilizzarli fino alla fine dell’anno per remunerare i piccoli impieghi temporanei, dal giardinaggio alla hostess, dal badante all’aiuto barista. Un paradosso figlio del vuoto normativo. Che ieri il ministero del Lavoro ha provato a colmare con una nota altrettanto curiosa: “Nel periodo transitorio valgono le norme previgenti”, nel frattempo abrogate»
Non è meraviglioso, tutto ciò? Nel periodo transitorio valgono le norme previgenti, nel frattempo abrogate. Come essere solo lievemente incinta, in pratica. In tutto ciò, qualcuno dovrebbe spiegare perché procedere con decretazione d’urgenza, se un minuto dopo l’entrata in vigore del decreto serve accorrere a colmare il vuoto normativo con una proroga che tuttavia non riesce a ripristinare appieno lo status quo ante. Quando distribuivano la logica, gli italiani erano altrove, dopo aver timbrato il cartellino. Non pare tuttavia che i costituzionalisti che albergano al Quirinale abbiano eccepito alcunché su questo punto, quindi passa che è verde. Celebriamo dunque la nascita di un nuovo ceppo mutante, il lavoratore “in grigio”, che è in nero ma anche no. E, per non farci mancare nulla, i datori di lavoro sarebbero sanzionabili se ricorrono a queste forme di remunerazione del lavoro accessorio, che nel frattempo non esiste più ope legis, ma anche no:
«Il buon senso vorrebbe che imprese e professionisti continuino a mandare l’sms o la mail all’Ispettorato nazionale entro 60 minuti dall’inizio del lavoro del voucherista, secondo gli obblighi di tracciabilità introdotti dal governo Renzi e cancellati ora dal governo Gentiloni. E sempre il buon senso dovrebbe guidare gli ispettori alla cautela, quando pescano un datore che non ha mandato l’sms o la mail, ma non possono imporre alcuna sanzione, da 400 a 2.400 euro, anche questa saltata. Insomma, se non si emenda il decreto, di qui a Capodanno il voucherista è un lavoratore fantasma. E chi lo impiega non può neanche essere multato»
La sanzionabilità senza sanzione, l’illecito ma solo un po’, tutti prodotti tipici italiani per i quali chiederemo la protezione di marchio. E via, di circolo vizioso in circolo vizioso. Con un gatto di Schrödinger accovacciato sulle ginocchia. Ah, oltre all’esigenza di colmare il vuoto contrattuale ci sarebbe anche la scomparsa, il prossimo anno, di 350 milioni di euro di contributi, versati con i voucher acquistati lo scorso anno, ma non vorremmo essere troppo venali. In fondo, qui stiamo parlando di lotta senza quartiere al liberismo che piaga questo paese, e questa sarà la prima pietra della rivoluzione. Avendo inventato il vuoto normativo mezzo pieno, nessun traguardo ci è precluso.