Sanzioni Istat ai comuni, partita di giro o presa in giro?

di Luigi Oliveri

Egregio Titolare,

invado, grazie alla Sua proverbiale tolleranza, il campo di questo spazio, stavolta con pochi pixel, mosso da curiosità dovuta al gorgo burocratico nel quale il Paese si avviluppa, con poche speranze di uscirne. L’occasione è data dall’approvazione da parte della Commissione bilancio del Senato di un ordine del giorno relativo alla legge di conversione della “manovrina” 2017, il cui scopo è impegnare il Governo a sospendere l’efficacia delle sanzioni che l’Istat ha applicato a moltissimi comuni, per ritardi od omissioni nelle rilevazioni statistiche sui permessi di costruire relativi all’anno 2015.

È dall’inizio del 2017, da quando cioè l’Istat si è attivato in modo capillare per irrogare le sanzioni (di parecchie migliaia di euro) nei confronti di migliaia di comuni che gli enti locali, sul presupposto – corretto – che sono già non poco vessati da continue manovre economiche per la gran parte gravanti proprio sui loro bilanci, chiedono a gran voce l’annullamento delle sanzioni o la loro sospensione.

L’ordine del giorno è un primo risultato molto sbiadito; non è per nulla sufficiente – sul piano dello stretto diritto – ai comuni per consentire loro di non pagare le sanzioni senza esporsi alle connesse responsabilità erariali.

Il problema che si pone, comunque, è il seguente, caro Titolare: scoprire, cioè, quale sia il vantaggio che trae lo Stato, cioè tutti noi, da ciò che alla fine altro non sono se non partite di giro: l’Istat è un ente pubblico che chiede ad enti pubblici, i comuni, le sanzioni, creando appunto un vortice di denaro (non di ricchezza) che passa da un bilancio all’altro, senza le minime efficacia ed utilità per i cittadini.

Per carità: è vero che gli adempimenti statistici sono obbligatori e sanzionati con appunto sanzioni amministrative; altrettanto vero è che l’Istat non poteva certo sottrarsi al dovere d’ufficio di applicare le sanzioni.

Tuttavia, si ha netta la sensazione che la partita di giro innescata da un sistema non conscio della circostanza che gli oneri “informativi” e di trasparenza ingenerati negli ultimi anni dalla febbre del Foia, dovuta alla sua concezione iper burocratica, sono enormi ed ingestibili e che la contrazione del personale pubblico, particolarmente evidente nei comuni, comincia a rendere estremamente difficile adempiere ad obblighi di caricamento dati, mentre contemporaneamente si debbono rendere servizi.

Se, tuttavia, la partita di giro è da considerare, comunque, obbligatoria, decisioni (peraltro mai nette e piuttosto arzigogolate) di rinvii e di sospensioni appaiono sostanzialmente prese in giro. Le rilevazioni statistiche sono obbligatorie e perentorie? Allora non si capisce il fondamento di sospensioni di efficacia. Non sono così necessarie? Allora non si capisce il perché di un apparato sanzionatorio enorme e complesso come quello attivato dall’Istat.

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