E l’Italia promuove il turismo sanitario

Oggi la Farnesina ha lanciato un’iniziativa che si inserisce nel solco dei tentativi di attrarre capacità di spesa in Italia, per aumentare le risorse a disposizione della comunità nazionale. Si tratta di una forma del tutto peculiare di export, che si affianca a quello della nostra manifattura, dei nostri prodotti agricoli e del nostro turismo. A dirla tutta, è proprio una forma di turismo, sia pure sui generis: quello sanitario.

Nel corso dei lavori della conferenza “Qualità del sistema sanitario italiano, turismo e attrattività dei territori”, il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, ha dichiarato programmaticamente che obiettivo è quello di “promuovere l’Italia come Paese di destinazione del turismo sanitario” che da oggi entra a far parte a pieno titolo dello “sforzo della rete diplomatico consolare” per rafforzare la conoscenza “del brand Italia” all’estero.

Nel mondo, ha ricordato Alfano, sono 11 milioni le persone che si spostano nel mondo per ricevere cure, muovendo un fatturato globale pari a 100 miliardi di dollari”. In questa classifica di Paesi destinatari, “l’Italia si colloca al nono posto in termini di attrattività a livello mondiale e al quarto posto fra i Paesi europei”. Non soltanto cultura, moda, cucina e design, da oggi “nel brand Italia c’è anche l’eccellenza sanitaria italiana”, avverte Alfano (Ansa, 4 ottobre 2017)

Noi siamo vagamente inquieti per quel minaccioso “avverte” che il giornalista Ansa ha associato ad Alfano, ma l’idea merita una valutazione, a partire dai numeri. Ormai acquisito a livello globale il concetto di “vendere il sistema paese” per attrarre risorse finanziarie estere, dai pensionati ai contribuenti con agevolazioni mirate, è interessante il fatto che si estenda il cosiddetto “brand Italia” anche al turismo sanitario.

La conferma che il sistema diplomatico e consolare italiano sia impegnato in un’attività “commerciale” e non umanitaria, viene dalle parole di Alfano:

Finora, prosegue il titolare della Farnesina, “c’è stata un’auto promozione”, grazie alla “concessione dei visti per cure mediche” e attraverso “il lavoro della Cooperazione italiana che negli ultimi tre anni ha stanziato 270 milioni di euro in favore della promozione della salute nel mondo”, ora però è il momento di fare sistema “e far sì che la nostra capacità di attrarre pazienti dall’estero con il relativo indotto non sia più spontaneistica, ma inserita dentro la strategia della Farnesina per la promozione dell’Italia all’estero” (Ansa)

Che tradotto vuol dire: attenzione, non stiamo fornendo visti ai poveri del pianeta su base umanitaria-cooperativa. Quello è altro canale. Qui stiamo tentando di attrarre “turisti sanitari” solventi in Italia, sia tramite i rispettivi servizi sanitari nazionali che, soprattutto, tramite polizze assicurative private. Offriamo loro un pacchetto integrato, “cura e convalescenza”. Funzionerà, soprattutto in termini di competizione sanitaria verso paesi ad alto reddito ed altrettanto elevati standard di cure mediche, che sono quelli da cui si può estrarre il maggior volume di risorse? Senza scordare che questi stessi paesi sono nostri competitor per accaparrarsi la vasta e crescente classe media ed alta dei paesi emergenti.

Il tempo dirà. Ma questa adottata dal governo italiano appare soprattutto l’adozione di una practice di sistema-paese, le cui strategie di marketing sono ormai evidenti, nel tentativo di acquisire risorse che gli esausti welfare domestici faticano sempre più a produrre.

La speranza è che questa particolare forma di promozione non produca spot destinati all’estero in cui compare un signore in camice bianco dalle sembianze di Francesco Rutelli (o era Alberto Sordi?) mentre pronuncia il suo ormai immortale “plis, visit Itali“, dove il concetto di “visita” diviene assai lato. And say thirty-three.

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