Nella legge di Bilancio 2018 è prevista l’inclusione degli investimenti immobiliari nei Pir (piani individuali di risparmio), la ormai nota esenzione fiscale centrata su investimenti almeno quinquennali in imprese italiane (per 30 mila euro annui, fino ad un massimo di 150 mila). Oggi sul Corriere trovate la perplessità di un addetto ai lavori su questo inserimento.
Come logico attendersi, per tutto quello che è presentato come esentasse, anche i Pir hanno visto la corsa dei risparmiatori italiani, avvolti nell’esenzione fiscale più che nel tricolore. Come già scritto in precedenza, il rischio è che i Pir divengano una bolla che si autoalimenta, inondando di liquidità uno stagno come quello finanziario nazionale. Oltre al rischio di costruire portafogli del tutto distorti, con una concentrazione patologica a livello settoriale e geografico.
E senza dimenticare che sulla torta dei Pir si sono già tuffate reti di distribuzione allupate, con l’obiettivo di catturare per sé, sotto forma di laute commissioni, il vantaggio fiscale. Ma tant’è: noi siamo dei disfattisti, non facciamo testo, ormai per questi prodotti è un tutto un garrire di tricolori, che stanno rivitalizzando anche la raccolta pubblicitaria dei nostri giornali e dei loro dorsi dedicati all’economia e finanza personale. A proposito, anche gli “investimenti” pubblicitari su media hanno il loro bel bonus, quindi che mai potrà andare storto? Il futuro è così luminoso che dobbiamo mettere gli occhiali da sole.
Ecco quindi, a suggellare il trionfo di questo strumento di risparmio, l’arrivo della componente immobiliare. Che torna maledettamente utile, in un paese dove da sempre legioni di “imprenditori” ed “investitori” costruiscono audaci operazioni sul mattone, che per pura sfortuna a volte si risolvono in massacri di risparmiatori e che hanno spedito sugli scogli numerose nostre solidissime banche. Ma, ehi, col mattone incentivato nei Pir hai visto mai che riparte il settore delle costruzioni, quello su cui molti in Italia hanno mangiato e molti altri hanno creduto fosse possibile tenere in piedi il Pil del paese?
Salvatore Bragantini, già commissario Consob e navigatore di lungo corso dei mercati finanziari del nostro paese, scrive:
«Un conto sono le medie imprese, in cui non s’investe abbastanza. I Pir possono forse, col tempo, intaccare questo muro che nuoce allo sviluppo italiano, limitando l’offerta e la domanda; tute altra cosa sarebbe aprire nuove autostrade all’investimento immobiliare. La casa è già il maggior investimento delle nostre famiglie: qui avremmo sì investimenti gestiti da professionisti, ma i gestori si papperebbero una bella fetta dell’agevolazione, e la prova che molti di loro han dato fin qui non li ha ricoperti di gloria»
Ma, come detto, al grido “niente tasse, venghino!”, questi soldi da qualche parte andranno pur messi:
«L’afflusso di fondi, eccessivo rispetto alla disponibilità delle medie imprese ad aprire il capitale all’esterno, ha già portato ad includerei finanziamenti fra i possibili impieghi dei fondi Pir; la ragione vera dell’inopportuno allargamento di questi all’immobiliare non sarà che ci son troppi soldi in attesa di investimento? Se un gestore riceve troppi fondi rispetto alle opportunità, li restituisce agli investitori. Anche, anzi soprattutto, se a pagare è Pantalone»
Siamo dei gufi, caro Bragantini. Il sole splende accecante, sull’avvenire italiano. Poi, tra qualche tempo, magari scopriremo che ci sono state famiglie che hanno messo tutto o quasi sui Pir, consigliate dal prodigo bancario o dall’affettuoso consulente di famiglia. E da qui in avanti i rischi potrebbero impennarsi, visto che far giocare gli italiani con gli immobili è più pericoloso che far giocare i bambini coi fiammiferi.
Quel giorno di presa di coscienza, servirà poi non scordare che la via italiana al risparmio esentasse è del tutto differente da quella di paese finanziariamente più evoluti di noi, come il Regno Unito. Basta vedere cosa sono in quel paese gli ISA (Individual Savings Account), e dove possono investire (in tutto il pianeta), per rendersi conto che, quando si tornerà a ribadire la capitale importanza dell’educazione finanziaria per i risparmiatori, potremo scrivere la pagina su come non si diversifica un portafoglio, prendendo a modello i Pir.
I quali Pir nacquero per sostituire i risparmiatori alle banche nel finanziamento delle PMI, oltre che nel capitale di rischio, e già questo sarebbe stato abbastanza per far sollevare il sopracciglio. Ma l’Italia è differente, no?