Oggi Istat ha pubblicato la stima finale della variazione del Pil italiano nel primo trimestre. Quella che permette di valutare come sono andate realmente le cose, fornendo la disaggregazione ed i contributi dei macrosettori. Ebbene, abbiamo avuto conferma che no, non è in corso una ripresa.
Iniziamo dalla big picture:
Nel primo trimestre del 2019 il prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,1% rispetto al trimestre precedente ed è diminuito dello 0,1% nei confronti del primo trimestre del 2018. La stima della variazione congiunturale del Pil diffusa il 30 aprile 2019 era stata di +0,2% e quella tendenziale di +0,1%.
Come forse ricorderete, a seguito della prima stima, che portava l’Italia fuori dallo stucchevole concetto di “recessione tecnica”, c’era stato un incredibile trenino di festeggiamenti da parte di molti politici e commentatori, per motivi che non sapremmo se ricondurre a stupidità o malafede. Più verosimilmente, al solito cocktail delle due, oltre alle solite correlazioni spurie che servono ai servi sciocchi per scrivere dotte articolesse “analitiche”. Analfabeti funzionali e maschere da commedia dell’arte sono del resto prodotti tipici italiani.
Quello che però è interessante è la disaggregazione del dato, per valutare i contributi. E qui si comprende molto bene quanto sta accadendo. Osservate questa tabella:

Da essa si evince che la domanda nazionale al netto delle scorte cresce nel trimestre dello 0,2%, più o meno in linea con i trimestri precedenti. Il contributo è, in misura uguale, di consumi privati ed investimenti. Va poi molto bene il contributo della domanda estera netta, a +0,5% trimestrale, ma non c’è da festeggiare. Tra poco vedremo perché.
Invece, cosa abbatte il dato trimestrale? Presto detto: le scorte, con -0,6% di contributo trimestrale. Come e più che nel quarto trimestre 2018, si è quindi verificato un forte decumulo di scorte. Perché questo? Ipotizziamo per le forti e crescenti incertezze, sia internazionali che domestiche.
Riguardo agli investimenti, Istat segnala che
La crescita degli investimenti è stata determinata dalla spesa per abitazioni (+2,5%), per fabbricati non residenziali e altre opere (+2,8%) e in prodotti di proprietà intellettuale (+1,6%). All’opposto, la spesa per impianti, macchinari e armamenti è diminuita del 2,2%, la componente relativa ai mezzi di trasporto si è ridotta del 5% e gli investimenti in risorse biologiche coltivate sono scesi dello 0,7%.
Tradotto: nel trimestre, bene i fabbricati, male i macchinari ed impianti e mezzi di trasporto. Ancora una volta, si conferma la gelata manifatturiera. Di tale gelata, e delle sue radici internazionali, si trova eclatante conferma nel vero e proprio crollo di importazioni, diminuite di ben l’1,5% nel trimestre, che poi è quello che contribuisce al positivo risultato dell’export netto.
Riguardo al Pil nominale,
Rispetto al trimestre precedente, il Pil ai prezzi correnti è aumentato dello 0,6% e il corrispondente deflatore dello 0,5%. Il deflatore della spesa delle famiglie residenti e delle ISP ha registrato una variazione nulla, mentre quello degli investimenti è cresciuto dello 0,1%. Il deflatore delle importazioni è diminuito dell’1% e quello delle esportazioni è risultato stazionario. In termini tendenziali il Pil ai prezzi correnti è aumentato dello 0,8%, il corrispondente deflatore dello 0,9%, quello della spesa delle famiglie residenti e delle ISP dello 0,8%.
Tradotto: la crescita nominale resta asfittica, come quella reale.
Come sintetizzare, quindi? Così:
- Il primo trimestre 2019 replica il quarto trimestre 2018: la manifattura resta molto debole, causa forti incertezze domestiche ed internazionali;
- Le aziende decumulano scorte: questo spiega il forte calo delle importazioni di beni che entrano nei processi produttivi;
- La domanda interna non è negativa ma debolmente positiva;
- In essa, gli investimenti in costruzioni puntellano la gelata di quelli di natura manifatturiera;
Ogni inferenza riguardante misteriose “riprese”, come quelle lette e sentite un mese fa, è destituita di ogni fondamento. La stagnazione persiste. In attesa che la corrosione causata dallo spread finisca l’opera, trasformandola in recessione, ed oltre.