Nelle università italiane sta rapidamente affermandosi un movimento squadrista e fascista di chiare connotazioni ideologiche, che trova nei centri sociali il proprio brodo di coltura. Questo movimento sembra trarre proficua ispirazione dall’antisionismo e da un filoarabismo manierista, retto dall’abituale equazione che vede nello Stato di Israele la matrice di ogni cospirazione contro le “masse sfruttate” di tutto il pianeta.
L’ultimo episodio, in ordine di tempo, è quello verificatosi all’università di Torino, contro Daniela Ruth Santus, professore associato di Geografia culturale alla facoltà di Lingue e letterature straniere. La docente, lo scorso 20 aprile, è stata contestata ed accusata di “propaganda sionista” dal Collettivo Universitario Autonomi (Cua), con interruzione della lezione, accensione di fumogeni, lancio di uova e pure pesanti insulti e minacce. Il 2 maggio contestazione ripetuta, ma all’esterno dell’ateneo. Un episodio che rappresenta solo l’ultimo caso, in ordine cronologico, di una marea montante antisionista (ci sforziamo di non definirla ancora antisemita) che sta assediando i luoghi dove dovrebbe formarsi la libera coscienza dei cittadini, le Università, ma anche contesti molto diversi, come i campi di calcio, dalle tribune della serie A alle categorie allievi, come dimostra la recente vicenda romana. Un fenomeno ormai diffuso in questa sempre più insopportabile Europa, nelle cui università si moltiplicano le richieste di boicottaggio del mondo accademico israeliano, secondo l’abituale schema di minoranze rumorose e prevaricatrici e maggioranze colpevolmente passive, e per ciò stesso conniventi. Ecco l’analisi di un fenomeno in ascesa da parte del professor Giorgio Israel, docente di Storia delle Matematiche alla Sapienza di Roma, raccolta dal Corriere, che lo ha intervistato:
Nei nostri atenei silenzio e compiacenza
« In Europa tira un brutto vento, l’aria in Francia e in Gran Bretagna, dove è ripartito il boicottaggio degli accademici israeliani, è irrespirabile. Finora in Italia il nuovo antisemitismo aveva fatto meno presa, ma se continuiamo a sottovalutare la minaccia il virus potrebbe dilagare.
Penso soprattutto ai giornali di estrema sinistra, e agli ambienti accademici » . Il professor Giorgio Israel, docente di Storia delle Matematiche alla Sapienza di Roma, sottolinea che si tratta di « un susseguirsi di episodi, non casi isolati ». Contestazioni alle università di Pisa, Firenze, adesso Torino. Pesanti insulti ai calciatori del Maccabi durante una partita. Lei, docente ebreo all’università di Roma, è mai stato vittima di fatti analoghi? « No, e finora neanche ne sono stato testimone.
Spero che la Sapienza resti immune, come accade a molti atenei italiani, per fortuna. Ma le reazioni a quanto sta accadendo sono troppo tiepide, e non vedo perché il silenzio non dovrebbe incoraggiare gli estremisti » . È preoccupato? « Molto, l’antisemitismo è in crescita è chi dovrebbe fare qualcosa continua con il tradizionale atteggiamento: acquiescenza, se non compiacenza » . A chi si riferisce? « Rettori, presidi, professori universitari. Non voglio fare nomi, perché si tratta di un atteggiamento culturale diffuso più che di colpe precise: il pregiudizio propalestinese e antiisraeliano è dominante, e questo legittima e rafforza i soprusi di pochi » . Compagni che sbagliano? « È un lascito del ‘ 68 del quale non ci siamo ancora liberati: il fatto che alcuni militanti si sentano in diritto di ridurre al silenzio persone che vogliono semplicemente esprimere opinioni, viene criticato blandamente, o neppure quello. Per un’aggressione di qualche facinoroso ci sono molti docenti che chiudono volentieri un occhio o tutti e due, perché pensano che i contestatori esagerano ma in fondo hanno ragione » . Che cosa si aspetta dai docenti? « Dare una vera prova di antifascismo, al di là delle dichiarazioni rituali da 25 Aprile, condannando con più forza tipiche aggressioni squadriste come quella subita dalla collega torinese.
Non è un caso che il suo collaboratore [della professoressa Santus, ndr] marocchino, e musulmano, sia stato ugualmente minacciato e tacciato di collaborazionismo. Chi cerca il dialogo viene messo ai margini, si vuole a tutti i costi radicalizzare lo scontro » . A quale scopo? « Gli autonomi danno sfogo a un vitalismo giovanile ottuso e malsano, i professori non si ribellano perché non vogliono perdere posizioni di potere acquisite in decenni di comodo antisionismo di maniera » . Non può darsi che alcuni accademici siano legittimamente critici nei confronti di Israele? « Certo, ma questo che c’entra con le aggressioni? Nessuno nega il diritto di criticare Sharon, ma l’impressione è che la situazione in Medio Oriente ormai non c’entri più nulla. Si parla di ritiro da Gaza, gli attentati islamici sono praticamente cessati, le nuove autorità palestinesi ricercano con determinazione l’accordo con Israele, e in Europa si scatena l’antisemitismo. Sharon è solo un pretesto per dare voce a un odio irragionevole”
Per parte nostra, vorremmo sommessamente rivolgere uan domanda al segretario di Rifondazione comunista: onorevole Bertinotti, lei che mesi addietro ha solennemente annunciato la “svolta non violenta” e movimentista del suo partito, frutto di un percorso culturale che vi ha portati ad interagire in modo osmotico con il movimento no-global e più in generale con l’area dell’antagonismo sociale; lei che anni addietro si esibì in una vibrante performance pubblica, in cui perorò la causa di tutte le minoranze, religiose, etniche, sociali e di genere (“Io sono ebreo, sono gay, sono nero, sono immigrato, sono donna…“), non ha davvero nulla da commentare riguardo queste vicende? Non sarebbe una dimostrazione di coerenza se lei organizzasse una grande manifestazione delle forze della sinistra radicale, movimentista ed antagonista a difesa della libertà di espressione? Ci pensi, onorevole Bertinotti, la attendiamo con fiducia, magari mentre regge in una mano la bandiera iridata della pace e nell’altra la bandiera israeliana, sottraendola alle fiamme dell’odio (non solo metaforico) che provengono da quell’area sociale e culturale con cui lei ha deciso di far fronte comune. Il 25 aprile è ora, oggi, in ogni giorno ed intorno a noi, non lo dimentichi mai.