Nuovo sasso lanciato nella piccionaia prodiana da Francesco Rutelli che, in un’intervista apparsa oggi su Repubblica, tenta di sovvertire alcuni dei dogmi su cui il Professore tenterà di costruire la propria investitura “popolare” alle primarie del prossimo ottobre. Rutelli analizza la crisi politica dell’Unione Europea secondo schemi originali e politicamente anticonformisti, almeno in relazione all’asfittico dibattito italiano sull’argomento. Ecco quindi la critica dell’adesione compulsiva all’asse franco-tedesco, ed il rifiuto a considerare la Perfida Albione blairiana come responsabile di tutte le nequizie dell’Ue:
“Prima di tutto non dobbiamo nasconderci la realtà dei fatti, che è drammatica. L’Europa attraversa una crisi profonda. La più grave di questo mezzo secolo di storia. Le responsabilità sono diffuse. Ma è certo che non possiamo continuare ad analizzarle usando gli schemi interpretativi del passato. Dopo quello che è accaduto, non possiamo dire che la colpa è tutta di Blair, il solito filo-americano, e che per ripartire dobbiamo salire sul carro franco-tedesco, che sicuramente ci porterà lontano”.
Posizione esattamente antitetica a quella di Prodi, che domenica sera, intervistato durante il consueto struscio bolognese, sibilava come una vecchia fattucchiera che Blair “sta approfittando della crisi politica dell’Unione per assestare altri colpi al sistema”. Rutelli utilizza poi una metafora bushiana, quella della coalizione dei volenterosi, per suggerire la creazione di aree di convergenza a geometria variabile su alcuni grandi temi, quali la difesa comune europea. E lo fa mescolando vecchie idealità dei padri nobili dell’europeismo ad astuzie e tatticismi tipicamente nostrani. Critica la Francia per aver dipinto la Direttiva Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi come la fine della civiltà europea, invoca una profonda “ristrutturazione” per l’economia italiana, che va inequivocabilmente in direzione di maggiori dosi di mercato e meno di quel corporativismo littorio che sembra invece essere parte integrante del corredo cromosomico di questo paese, a destra come a sinistra.
Tutta l’intervista è accuratamente costellata di omaggi al padre nobile: bravo Romano, lui l’aveva detto, bene ha fatto, non c’è nessun attrito con lui e via enumerando.
A noi Rutelli continua a non convincere. Leggere interviste di questo tenore ci ricorda molto lo svolgimento di un tema di maturità: conformismo ed ampie dosi di ipse dixit posti al servizio di tatticismi spiccioli. Un merito, questa intervista ce l’ha: tentare di rompere la cappa di conformismo ciampian-prodiano (pur sdilinquendosi in elogi verso i due numi), che stiamo vedendo all’opera sui media in modi che definire inverecondi è un puro eufemismo.
Dove Rutelli voglia andare a parare, resta un mistero: domenica sera Prodi ha trovato modo di definire la Lega un partito “assolutamente antieuropeo”, dimenticando che nel suo schieramento Bertinotti non va esattamente in giro con foulard e pochette blu con stelline gialle. Ma Rutelli ci fa poi molta tenerezza quando indica chi compirà l’impresa di rivitalizzare la costruzione europea:
“Quando dico noi, parlo del centrosinistra che tornerà al governo dopo il 2006. È chiaro che oggi, dopo tutti i danni incalcolabili che ha fatto, il governo Berlusconi non può trainare proprio nulla, perché ci ha isolati in Europa”.
Ora, come farà Rutelli, una volta andato al governo, a tentare di far evolvere Prodi verso le proprie posizioni, resta un mistero. Naturalmente, sempre ammesso e non concesso che Prodi riesca a portare Bertinotti sul proprio euro-entusiasmo, perché l’Unione resta una matrioska schizofrenica, quanto e più del centrodestra impotente e declamatorio che sta al governo. Né ci sembra particolarmente lineare la critica al governo Berlusconi, abitualmente esecrato come euroscettico solo perché avverso alla posizione franco-tedesca. Isolati in Europa, ma rispetto a chi?
Si tratta, insomma della riproposizione di vecchi tic e nuovi trasformismi, destinati a implodere al momento delle primarie o in quello dell’elaborazione del programma. Come direbbe Prodi, ci divertiremo.