Il Soviet della Sera

Dell’endorsement del direttore del Corriere a favore dell’Unione si è ampiamente scritto e discettato, in sedi certamente più proprie della nostra. A noi resta un dubbio metodologico: se il direttore del Corriere si fosse schierato per il centrodestra, avremmo avuto le stesse reazioni pacate e gli stessi meditati elogi da parte dell’establishment economico-editoriale-pansindacale di questo nostro bizzarro paese? Oppure avremmo avuto scioperi, chiamate alle armi, invocazioni di vigilanza democratica, preannunci di acquisto di biglietti aerei per paesi dove la libertà d’opinione è più tutelata che da noi?
Ma c’è un ulteriore aspetto della vicenda che merita di essere evidenziato: la reazione del comitato di redazione. Che in un comunicato scolpisce:

(…)Il direttore, dopo aver ricordato che già in occasione delle elezioni politiche del ’96 aveva tenuto analogo comportamento, ha spiegato che la posizione espressa va considerata «punto di vista della direzione, che impegna il giornale fatta salva la libertà di opinione di tutti i giornalisti».

Il CdR ribadisce la totale legittimità di questa posizione e non vuole entrare nel merito della scelta di Paolo Mieli che sarebbe stata da rispettare qualsiasi fosse stato lo schieramento indicato.

Il CdR continuerà a farsi garante perché i giornalisti del Corriere della Sera possano lavorare in modo autonomo, senza subire pressioni, ed esercitando il proprio diritto- dovere di critica, per fornire ai lettori un’informazione il più possibile completa e corretta al di là della dichiarazione del direttore.

Durante l’incontro, il CdR ha manifestato al direttore un problema di metodo.

Appare infatti piuttosto suggestiva l’impostazione proposta ai lettori: mentre il giornale viene schierato, legittimamente, su una precisa posizione, viene poi annunciato che non solo nei commenti ma anche nei fondi e negli editoriali, i quali rappresentano la linea di ogni giornale autonomo e indipendente, questa scelta di campo potrà essere contraddetta e criticata formulando anche opzioni opposte.

È invece tradizione acclarata di tutti gli importanti organi di informazione delle grandi democrazie occidentali, da Le Monde al New York Times al Washington Post, che la linea del direttore si esprima e venga portata avanti con coerenza e continuità negli editoriali, ferma restando la massima apertura di opinioni e interventi.

Che tradotto significa: fuori i terzisti dal Corriere, veri o presunti tali. Nemmeno una riga a Panebianco, Romano, Galli Della Loggia e a tutti questi disfattisti che, con i loro sofismi e distinguo, minacciano l’ascesa del Sol dell’Avvenire. Questo è il CdR di un quotidiano di tradizione sedicente liberale, popolato in realtà da nani con pulsioni totalitarie, piccoli orgogliosi cloni della Fnsi serventilonghiana. In mezzo a tale squallore, Paolo Mieli appare un gigante di liberalismo e tolleranza. Ma anche lui deve subire la reprimenda di un proprio collaboratore, Ulderico Munzi, che da Parigi scrive:

Caro Mieli, un giornalista del Corriere non si schiera politicamente, ancor meno un direttore. Nel tuo caso, non essendo mai stato un vero giornalista del Corriere, sei in un certo senso perdonabile.

Bada bene, non si tratta di un problema di destra o di sinistra, di Berlusconi o di Prodi. Un giornalista del Corriere vota nel segreto dell’urna … e quando fa il giornalista fa il giornalista senza portarsi dietro l’anima politica.

Invece tu hai “venduto”, si fa per dire, il nostro futuro politico e dico nostro perché mi considero, pur essendo un collaboratore che ha appena firmato il rinnovo del contratto, un giornalista del Corriere, ma di schiette origini, essendo entrato in questo giornale nel 1975 ai tempi di Piero Ottone che era un vero direttore del Corriere.

Posso dire, se me lo consenti, che un gioco politicamente subdolo si è finalmente concluso con il tuo articolo. Ora conosciamo la rotta, anzi sei tu a conoscerla perchè sei stato tu, (assieme alla proprietà?) ad averla tracciata.

L’hai delineata con un ipse dixit.

Se non mi butti fuori io resterò al Corriere per scrivere quelle poche pagine che ancora riesco a scrivere tra molte difficoltà in un giornale che amo più di me stesso.

Ti auguro buona fortuna

Ulderico Munzi

Ps. Se c’è ancora una bacheca e un comitato di redazione, sarei grato se queste mie poche righe fossero esposte. Grazie.

Abbiamo il fondato timore che Munzi subirà un pubblico processo da parte del Tribunale del Popolo di Via Solferino, e pertanto gli esprimiamo la nostra preventiva solidarietà. Ma in fondo, ci chiediamo, siamo sicuri che l’opinione pubblica italiana (ammesso e non concesso che una simile entità esista realmente) voti come da indicazione del direttore del principale quotidiano del paese?

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