Al Bar Sport Camillo hanno anche l’economista

Nel tentativo di stilare un bilancio in corso d’opera della presidenza di George W.Bush alla vigilia del suo discorso sullo Stato dell’Unione, Christian Rocca afferma che l’economia statunitense, dal 2003 ad oggi, avrebbe “aumentato di quasi il 10 per cento il valore reale dei salari”. Partendo dal presupposto (auspicabilmente indisputabile) che, con l’aggettivo “reale”, Rocca intenda “al netto dell’inflazione”, proviamo a verificare se tale affermazione corrisponde al vero.

Con l’espressione “salari” utilizzeremo la variazione dei guadagni settimanali medi (average weekly earnings), per lavoratori di produzione o non supervisori dell’industria privata, una categoria elaborata dal Bureau of Labour Statistics che include circa l’80 per cento dei lavoratori statunitensi.

I guadagni settimanali medi sono dati dal prodotto tra guadagni orari medi (average hourly earnings) e ore settimanali medie lavorate (average weekly hours).

Ora, i guadagni settimanali medi nominali sono passati da 509.68 dollari nel gennaio 2003, a 578.00 dollari nel dicembre 2006, per un incremento nominale del 13.4 per cento. Contemporaneamente, l’indice generale dei prezzi al consumo (Consumer Price Index) è passato dal livello di 182.3 a gennaio 2003 a 202.8 nel dicembre 2003, per una variazione cumulata dell’11.24 per cento.

Sottraendo tale variazione a quella dei salari settimanali medi nominali si ottiene la variazione reale per il periodo gennaio 2003-dicembre 2006, uguale a 2.16 per cento. Non esattamente il 10 per cento di cui parla Rocca.

In alternativa, è possibile utilizzare i dati del Bureau of Labour Statistics sui guadagni medi settimanali espressi in dollari del 1982, che sono passati da 279.18 dollari di gennaio 2003 a 282.75 della stima preliminare di dicembre 2006, con un incremento reale di periodo pari all’1.27 per cento. Anche qui, il 10 per cento è lontano.

Non è tutto: anche considerando, come proxy del costo del lavoro, l’Employment Cost Index, dove la compensation totale è pari alla somma di wages and salaries e benefit, si ottengono risultati analoghi, in termini reali: una crescita nel periodo 2003-2006 di poco superiore al punto percentuale.

In effetti, gran parte del recente dibattito politico sugli effetti della globalizzazione è centrato sulla debole, nulla o negativa crescita dei salari reali negli ultimi anni, causata dal raddoppio nell’offerta globale di manodopera prodotto dall’entrata sul mercato del lavoro dei paesi dell’ex Unione Sovietica e, più di recente, della regione asiatica, Cina e India in primis.

Piccola morale, per nulla moralistica: quando si scrive un articolo, sarebbe opportuno documentarsi sulla veridicità dei dati utilizzati. Certo, è un’attività faticosa e noiosa, per nulla paragonabile alla gratificazione fornita dal conteggio delle ammonizioni subìte dalle prossime rivali dell’attuale capolista di serie A, e richiede anche alcune skills riconducibii alla categoria “far di conto”. Ma ciò è condizione minimale per distinguere un’analisi rigorosa dalle chiacchiere da bar dello sport.

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