Liberalizzazioni alle vongole: la commissione di massimo scoperto

Ipotizzate di avere chiesto alla vostra banca un fido, diciamo per 100.000 euro, che assume la forma tecnica dello scoperto di conto corrente. In altri termini, la banca vi concede di andare in rosso sul conto fino al raggiungimento di tale importo. Sullo scoperto, la banca vi pratica un tasso d’interesse a debito, diciamo del 10 per cento annuo, che dovrete corrispondere ogni sei mesi. In aggiunta, l’istituto di credito vi chiede anche una commissione di massimo scoperto dello 0.15 per cento, pari quindi a 150 euro. La banca motiva tale costo fisso con il fatto che essa si impegna a tenere a vostra disposizione tutto l’importo che vi ha concesso, che potete utilizzare senza preavviso.

Ebbene, da oggi si cambia, e in meglio! Il vostro governo, che pensa a voi ed alla vostra felicità, ha spazzato via con un tratto di penna questa pratica odiosa e vessatoria. Il secondo “pacchetto Bersani” sulle liberalizzazioni recita, infatti, all’articolo 11:

“Sono nulle le clausole di massimo scoperto e le clausole comunque denominate che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del correntista indipendentemente dall’effettivo prelevamento della somma ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dalla effettiva durata del prelevamento della somma”

Tornate in banca trionfanti, ed affrontate con aria di sfida il funzionario dell’Ufficio Fidi. Il quale vi accoglie con uno smagliante sorriso e si felicita con voi mentre vi comunica che da oggi la commissione di massimo scoperto è ufficialmente defunta. Risparmierete ben 150 euro. “Tuttavia” – vi informa – “la banca ha provveduto ad adeguare la frequenza di liquidazione degli interessi a debito. Da oggi non è più semestrale, bensì trimestrale”.

Fate un rapido calcolo, e vi accorgete che il tasso annuo equivalente ad un tasso nominale del 10 per cento è pari, con liquidazione semestrale degli interessi, al 10.25 per cento. Ma ora, poichè la banca vi richiede di pagarle gli interessi ogni tre mesi anzichè ogni sei, il tasso annuo equivalente è salito al 10.38 per cento. Se state utilizzando tutto il fido che vi è stato concesso fanno 120 euro in più l’anno. Il funzionario vi offre un caffè, e vi comunica che la banca, “date le condizioni di mercato“, ha dovuto aumentare il numero dei giorni-valuta a vostro credito, cioè il momento da cui il denaro da voi versato riduce il vostro debito. Ora ci vogliono non più 4 giorni, ma 6, durante i quali la banca continuerà a considerare infruttifero ogni vostro versamento, ed a conteggiare interessi a vostro debito.

“Ah, volevo anche informarla” – prosegue affabile il funzionario dell’Ufficio Fidi mentre vi offre un cioccolatino – “che a decorrere da oggi la banca applica una commissione per la revisione periodica della sua pratica di fido. Poichè lei è uno dei nostri migliori clienti, abbiamo deciso di praticarle delle condizioni di favore. Sono 100 euro annui”.

Lieti di questa notizia, che conferma che siete un eccellente cliente, fate due conti e vi accorgete che il nuovo “pacchetto Bersani” vi ha fatto risparmiare 150 euro, e che gli “adeguamenti alle dinamiche di mercato” praticati dalla vostra banca vi costeranno non meno di 220 euro.

Rientrate in ufficio e vi dite fortunati, perchè vivete in un paese dove il governo veglia su di voi e sulla vostra serenità, supportandovi fattivamente nella ricerca della felicità.

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P.S.: A beneficio dei puristi di tecnica bancaria, la commissione di massimo scoperto è liquidata trimestralmente. Allo stesso modo, intuitivamente, le banche potrebbero introdurre una commissione di revisione periodica della pratica di affidamento per compensare il ricavo cessante. Analogamente, la liquidazione degli interessi a debito è trimestrale, ma le banche potrebbero mutare il tasso annuo equivalente, a parità di periodo di liquidazione, e così via. Ciò che conta è illustrare il numero e la varietà di tecniche utilizzabili per neutralizzare la (temporanea) diminuzione dei ricavi accessori sugli affidamenti. Altri sono gli strumenti per ridurre i costi per i consumatori, in primo luogo una cosa chiamata concorrenza. Che non si raggiunge imponendo un sistema di tariffe amministrate ad aziende che operano in regime formalmente di mercato.

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