Un fisco contro l’inflazione

La ripresa dell’inflazione (fenomeno globale, ricordarlo non guasta) ha prevedibilmente scatenato l’abituale gragnuola di dichiarazioni di politici e sindacalisti alle agenzie di stampa. Sorvoliamo sulle proposte più fruste, quelle che ad esempio prevedono controlli sui prezzi di alimentari, carburanti e beni di prima necessità, oltre alle tariffe amministrate. Si tratta di proposte caratteristiche del connubio tra populismo e analfabetismo economico, e come tali possono essere ignorate, non prima di segnalare per l’ennesima volta che i controlli dei prezzi producono penurie e contrabbando, oltre a deficit da ripianare a carico dei contribuenti in caso di prezzi e tariffe per servizi erogati da strutture pubbliche; ed immancabili, violenti assestamenti al momento della loro eliminazione o allentamento. Prima o poi lo capiranno anche i nostri comunisti, di sinistra e di destra.

Anche approcci come quello del ministro Bersani non sembrano particolarmente efficaci, soprattutto quando se la prende con banche ed assicurazioni, che dovevano rappresentare la cartina di tornasole dell’efficacia delle sue lenzuolate liberalizzatrici. Abbiamo il sospetto che, vista la finora scarsa produttività di misure “epocali” quali l’indennizzo diretto e l’abolizione dell’agente monomandatario, Bersani trovi politicamente più praticabile puntare il dito contro i “poteri fortissimi” di credito, finanza e assicurazioni, che peraltro appaiono piuttosto benevolmente disposti verso la sua parte politica. Né ci pare possa essere utile, nel combattere l’inflazione, l’ormai stravolto ddl Lanzillotta sulla riforma dei servizi pubblici locali, che ripropone il “modello” delle municipalizzate, autentico monumento allo spreco socialista, generatore di deficit strutturali destinati ad essere ripianati da aumenti di tasse e tariffe locali, cioè da inflazione.

Quello che vorremmo suggerire, oltre ad un intervento ormai improcrastinabile di verifica del funzionamento della filiera agroalimentare, è un’azione di tutela antinflazionistica del contribuente. Come noto, la tassazione personale deriva dall’applicazione di un sistema di aliquote progressive a determinati scaglioni d’imposta. Quando i redditi nominali crescono per effetto dell’inflazione ma gli scaglioni d’imposta restano costanti nel tempo, il fenomeno che ne deriva è quello del cosiddetto drenaggio fiscale, cioè un aumento delle imposte per effetto dell’inflazione. Uno stato che voglia dare prova di credibilità antinflazionistica deve prevedere l’indicizzazione integrale ed automatica degli scaglioni d’imposta all’inflazione. E ben si comprende perché ciò non sia ancora avvenuto nel nostro paese, dove i politici hanno la spiccata propensione ad attribuirsi i meriti salvifici di interventi di restituzione del drenaggio fiscale sempre parziali e tardivi. Indicizzare gli scaglioni d’imposta è poi costoso, in termini di minor gettito nominale. E’ certamente più agevole gettare dalla finestra 9 miliardi di euro per abolire lo scalone Maroni (che interesserà 140.000 persone) piuttosto che impegnare sistematicamente ogni anno una quota di risorse fiscali per la restituzione del fiscal drag. Eppure, questa sarebbe una misura di civiltà fiscale, con cui lo stato rinuncia una volta per tutte all’esazione di un’odiosa tassa da inflazione.

Per questo motivo lanciamo un appello per presentare un progetto di legge che preveda la restituzione annuale, integrale ed automatica, del drenaggio fiscale. Questo appello potrà certamente essere raccolto da chi ha già dimostrato, con la propria azione parlamentare, di voler restituire dignità ai contribuenti, ed ha già rilanciato una nostra proposta di scudo fiscale per le imprese; ma siamo fiduciosi che potranno aggiungersi anche quanti, tra i legislatori di ogni partito, pensano che la lotta all’inflazione non sia né di destra né di sinistra.

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