Si, d’accordo, la responsabilità dei titoli non è in capo agli estensori degli articoli. Lo sappiamo. Ma non è proprio possibile fare nulla per evitare titoli come quello comparso oggi su il Giornale? Scambiare il deficit con il debito è errore da matita blu. Anche per titolisti che vanno di fretta. Riguardo il contenuto dell’articolo, le critiche di Standard & Poor’s alla politica di finanza pubblica del governo, nulla di inedito. Abbiamo la sensazione che l’estensore del rapporto abbia soprattutto proceduto analogicamente, ricordando gli assai poco lusinghieri risultati del precedente quinquennio berlusconiano a Palazzo Chigi.
Oggi come ieri? Pareggio di bilancio nel 2011 ottenuto soprattutto con “tagli discrezionali alla spesa pubblica e incrementi mirati delle tasse”. Mancanza di sistematicità negli interventi, dunque. Non è detto che vada così anche stavolta, malgrado l’introduzione della Robin Hood Tax faccia pensare proprio alla riproposizione di un percorso fatto d’improvvisazioni e interferenze “ideologiche” (e non solo) della politica su un mercato ancora fortemente acerbo (per deficit di liberalizzazioni) quale quello italiano. Questa volta vi sono rischi e opportunità, e derivano soprattutto dal disegno che verrà prescelto per il federalismo fiscale e dal modo in cui il governo riscriverà l’articolo 60 del dl 112/2008 (Dpef-Finanziaria), che contiene le norme sulla flessibilità del bilancio, dopo che il Quirinale ha sollevato dubbi circa la possibilità di modificare per via amministrativa il bilancio dello Stato nei suoi capitoli di spesa.
A fine 2008, anche in relazione all’evoluzione del quadro macroeconomico globale, le agenzie di rating avranno certamente un’idea più originale delle condizioni della finanza pubblica italiana. E l’avranno anche i cittadini.